Reggio Emilia, 14enne pakistana minacciata e picchiata da madre e nonno per impedirle di "occidentalizzarsi"
Per la madre e per il nonno il GIP ha applicato la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima prescrivendogli il divieto assoluto di avvicinarsi entro i 1500 metri. Inoltre applicato anche il braccialetto elettronico e l'obbligo di presentazione alla polizia


(AGR) La madre e il nonno conviventi sono indagati per aver sottoposto, in concorso tra loro e con reciproco sostegno morale e materiale, una ragazza di 14 anni a ripetute e gravi vessazioni fisiche e psicologiche. Secondo quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri di Campagnola Emilia, coordinate dalla Procura reggiana, la minore sarebbe stata sistematicamente colpita dalla madre – anche con il manico di scopa, fino all’età di 11-12 anni – su istigazione del nonno.
Alla giovane veniva imposto lo svolgimento dei principali lavori domestici ed era privata del telefono cellulare per impedirle di comunicare l’accaduto all’esterno. Era inoltre frequentemente insultata con epiteti denigratori e sottoposta a rigide restrizioni: fin dall’età di 10 anni, le sarebbe stato imposto l’uso del velo, vietato di proseguire gli studi e di iscriversi alle scuole superiori, di avere amicizie maschili, di guardare la televisione, di indossare abiti occidentali e di praticare qualsiasi attività sportiva.
Ha inoltre applicato ai due il braccialetto elettronico, e cumulativamente disposto l’applicazione della misura dell'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria in orari prestabiliti. Tutto avrebbe avuto origine dalle segnalazioni provenienti dagli ambenti scolastici della scuola frequentata dalla vittima, che avevano inviato una comunicazione urgente relativa alla alunna evidenziando le confidenze rivelate dalla stessa ai compagni di classe e anche ad alcuni insegnanti relative al fatto di essere spesso picchiata in casa, e che la madre e il nonno le avrebbero impedito, una volta terminata la terza media, di proseguire gli studi.
La ragazza temeva anche di essere riportata in Pakistan per essere costretta a un matrimonio o fidanzamento forzato. Dalle indagini svolte dai carabinieri, sembrerebbe che la minorenne fosse sottoposta abitualmente a vessazioni morali e materiali e a continui e pressanti controlli dai congiunti. In particolare dalla madre e dal nonno che le impedivano di vivere le esperienze che alla sua età, come una qualsiasi coetanea, avrebbe voluto sperimentare. Le era già stato anticipato che al termine del ciclo scolastico frequentato (le scuole medie inferiori) avrebbe dovuto lasciare gli studi poiché per loro l'istruzione non era necessaria a una donna, il cui destino era solo quello di sposarsi.
Le è stato impedito di frequentare compagni di sesso maschile, di indossare un abbigliamento di tipo occidentale, di fare sport, di guardare la televisione, oppure anche solo di uscire da sola (se non accompagnata dalla madre o da altro congiunto). Sarebbe stata costretta, dall'età di 10 anni, a indossare il velo anche se non voleva, poiché temeva, altrimenti di esser picchiata; allo stesso modo, le era inibito di parlare in presenza di adulti (spiegava infatti che "davanti agli adulti non posso parlare"), era costretta a svolgere tutti i lavori domestici, aiutata a volte dalla sorellina minore che però, almeno per il momento era trattata con maggior rispetto. Spesso insultata con epiteti in lingua pakistana e con maledizioni. Veniva minacciata anche di essere riportata in Pakistan dove avrebbe dovuto sposarsi. Per tempo avrebbe subito anche violenze fisiche, con schiaffi pressoché quotidiani ogni volta che la madre o il nonno giudicassero che qualcosa non andasse bene, o non si fosse comportata secondo il loro volere. Tra gli importanti elementi investigativi acquisiti e peraltro evidenziati dal GIP nella misura cautelare quello che corrobora la convinzione di piena plausibilità del racconto della vittima, è il video relativo all’intervista fatta dal nonno ad un’emittente nazionale durante il tema di approfondimento “Islam violento gli orrori nascosti delle donne” nel corso del quale l’uomo con convinzione asseriva che, a suo avviso, le donne non potevano uscire da sole e a quelle della sua famiglia era impedito.
Gravi condotte maltrattamenti quella appurate in via presuntiva dai Carabinieri di Campagnola Emilia che immediatamente recepite dalla Procura reggiana ha visto il Tribunale di Reggio Emilia emettere l’ordinanza applicativa della misura cautelare che nel tardo pomeriggio di ieri 11 aprile è stata eseguita dai carabinieri di Campagnola Emilia. Nella vicenda inoltre è stata fondamentale l’attività di coordinamento tra la Procura Reggiana e quella presso il Tribunale per i minorenni del capoluogo felsineo che ha portata a collocare immediatamente la minore in una struttura protetta. Il relativo procedimento, in fase di indagini preliminari, proseguirà per i consueti approfondimenti investigativi al fine delle valutazioni e determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.
Quanto sopra, si comunica, nel rispetto degli indagati che sono da ritenere presunti innocenti, in considerazione dell'attuale fase del procedimento, ovvero quella delle indagini preliminari, fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile e al fine di salvaguardare il diritto di cronaca costituzionalmente garantito.