Festival nazionale dell’economia civile, il sindaco Nardella: “Le città come laboratori istituzionali”
Festival nazionale dell’economia civile
(AGR) Si è aperta nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la seconda edizione del Festival nazionale dell’economia civile promosso da Federcasse, Confcooperative, Next e Scuola di Economia civile (Sec). Per tre giorni, fino a domenica, il Salone sarà l’occasione per incontrarsi e discutere delle buone pratiche economiche.
Di seguito l’intervento integrale del sindaco Dario Nardella: “Signor presidente della Repubblica, autorità tutte, ospiti del Festival, benvenuti nuovamente nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Siamo qui oggi, in una forma ibrida, in presenza e in streaming, per riprendere il filo di un discorso che si è interrotto un anno fa. Questa seconda edizione del Festival nazionale dell’economia civile si apre all’insegna di un termine, di una parola d’ordine che abbiamo sentito ripetere spesso in questi mesi dai decisori politici, dagli economisti, consapevoli della sfida che ci sta davanti, il verbo ri-generare. Quale luogo migliore di Firenze, la città culla dell’Umanesimo, per organizzare un festival sulla ripartenza, sulla rinascita? Per scommettere insieme su luoghi, persone e comunità? Per questo, consentitemi di ringraziare di cuore tutti i promotori e i sostenitori di questo Festival. Tra gli economisti e gli intellettuali che lo hanno pensato, creato e coltivato, vorrei ringraziare in particolare il professor Becchetti, il professor Bruni, il professor Zamagni a cui sono legato da stima e amicizia.
L’attacco di un microrganismo ha gettato nel panico il mondo, lo ha tenuto in ostaggio. Ha fermato il suo motore produttivo. La preghiera solitaria del Papa in una piazza San Pietro deserta ha consegnato ai popoli di tutto il mondo un’immagine di questa tragedia immane, di questa apnea collettiva. La pandemia ci ha sbalzato fuori dalle nostre sicurezze e ci ha proiettato in una dimensione del tutto inedita. Il passato recente e frenetico del mondo pre-crisi ha subito una drammatica battuta d’arresto. Il Covid-19 ci ha fatto capire che il futuro è possibile solo guardando davanti a noi, imparando dagli errori del passato perché, come è stato detto, peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla.
Oggi l’Italia e il mondo stanno vivendo quasi una sorta di dopoguerra, per questo abbiamo l’opportunità irripetibile di fare tesoro di ciò che stiamo apprendendo. Come? Tenendo insieme il buono del ‘prima’ e del ‘dopo pandemia’, offrendo una visione, come si legge nella Carta di Firenze, che dia fiducia e stimoli tutti a dare il meglio di sé. Non si esce, infatti, da una crisi di questa portata con semplici aggiustamenti di natura tecnica o con provvedimenti legislativi, pure necessari, ma affrontando quelle domande di senso che ci arrivano dalle persone e dai territori. Tornando a costruire una comunità di pensiero parlando di rinascita e non solo di ripartenza. Oggi per noi sindaci la qualità degli spazi, del verde pubblico, dei servizi, del tempo libero e della socialità rappresentano un’istanza sempre più sentita dai cittadini. È tra le grandi questioni che animano il dibattito sulle città del Terzo millennio.
Proprio l’epidemia ha dimostrato che la città sono ormai sempre di più lo snodo sociale ed economico delle nostre vite, e lo saranno ancora di più, ma ha anche messo a nudo la fragilità delle nostre città, densamente abitate, divenute strumento di contagio. Le grandi megalopoli del mondo sono in ginocchio, sembrano fragili, isolate, senza prospettiva. Il motivo per cui donne e uomini di tutto il mondo hanno scelto di vivere nelle città, ovvero trovare lavoro, luoghi di socialità e di cultura, sembra crollare di fronte al rischio del contagio. Qualcuno comincia a chiedersi: Che senso ha oggi continuare a scegliere di vivere in queste grandi città?’ New York, Londra, Parigi, Milano, le grandi città del mondo sembrano davvero di fronte a un bivio. Ho sempre trovato suggestiva l’etimologia della parola città, che deriva dal latino civitas, a indicare propriamente l’insieme dei cittadini, dei cives.
E da qui la radice etimologica che fa riferimento anche a questo festival. La città va intesa prima di tutto come una comunità vivente, in continua trasformazione, con un’anima, diversamente dall’urbs che è il luogo fisico, riconoscibile, delimitato dalle mura. Città-civitas è invece un termine inclusivo e da questa idea credo che si debba e si possa partire anche oggi, accomunando il futuro delle città a questa visione di economia che non può prescindere dalla persona, dall’uomo, dai suoi valori, dalle sue aspettative, dalla sua realizzazione. È nelle città che si manifestano in tutta la loro forza i problemi. È qui che i nodi della globalizzazione vengono al pettine: il cambiamento climatico, la transizione energetica, le grandi questioni dell’integrazione sociale trovano un punto critico di esplosione nelle città, ma è sempre nelle città che trovano, allo stesso tempo, dei modelli, delle soluzioni, delle proposte per superare gli stessi problemi. Le città dunque come laboratori istituzionali, come veri laboratori per una nuova economia civile.
Come ha scritto più volte il professor Stefano Bartolini, a proposito dell’economia della felicità, dalle città può fiorire un nuovo Umanesimo, che tenga insieme la bellezza, l’inclusione sociale, l’occupazione, la sostenibilità, i servizi alle persone e l’etica. In questo senso credo che la Carta di Firenze possa davvero essere assunta come carta delle città di oggi e di domani, come carta delle città europee prima di tutto. E giustamente si è fatto un accostamento con la grande svolta di questa Europa, che è stata messa a dura prova dalla pandemia, e che è riuscita a trovare la forza, l’energia e la visione di proporre un nuovo modello di solidarietà tra popoli e tra istituzioni. Il Next Generation Eu è il frutto di questo straordinario gesto di coraggio e di visione e non a caso le risorse di queste fondi, di cui stiamo parlando tutti noi, politici amministratori, economisti, sono strettamente intrecciate con una nuova visione basata su un’economia sostenibile, civile.
Le città possono essere il luogo nel quale queste risorse si trasformano in progetti concreti i cui frutti vengono raccolti in tempi brevi dalle nostre comunità. Per questo è necessaria un’alleanza istituzionale che vada dal livello europeo a quello dei territori locali, guardando come recita il titolo di questo fondo alle nuove generazioni. Non a caso la vita delle nuove generazioni ha subito una epocale trasformazione. Ancora negli anni ‘70 i bambini crescevano passando i pomeriggi per strada e in gruppo, andavano a scuola a piedi. Ora nelle nostre città le famiglie passano il loro tempo libero nei centri commerciali e i bambini fanno esperienza del mondo attraverso gli schermi. Che i bambini facciano una vita solitaria e sedentaria è un fatto del tutto inedito nella storia umana cominciato con l’avvento delle auto. Il ‘raggio di attività’ dei bambini è crollato quasi del 90% nel mondo industriale. “Solo una generazione fa, un bambino di dieci anni aveva più libertà di quanto non ne abbia oggi un adolescente” è l’allarmata conclusione di un rapporto sulla condizione dei bambini.
Next Generation, dunque. E come se ne esce? Dobbiamo trasformare i nostri Paesi e le città da problema, da motore di insostenibilità ambientale e sociale, in soluzione. È nelle città del mondo che si produce l’80% di anidride carbonica, l’80% di rifiuti e si consuma l’80% di energia. Ed è qui, dunque, che dobbiamo ricostruire il nuovo modello di sviluppo sostenibile. È fondamentale cambiare la mobilità urbana, i modelli di produzione, cambiare il modo con cui consumiamo l’energia e utilizziamo le fonti energetiche. Da molto tempo gli studi urbani hanno mostrato che il verde incrementa i legami fra le persone e il senso di comunità, che l’ambiente è una leva per un nuovo sviluppo economico, non un limite ai livelli e agli obiettivi di produttività. Le nostre città hanno bisogno davvero di questa nuova e buona politica basata sui beni comuni, tra i quali i più importanti sono l’ambiente e le relazioni, e modi nuovi per proteggere l’uno o l’altro sono del tutto simili.
Per migliorare la relazione che abbiamo con l’ambiente dobbiamo migliorare quelle che abbiamo tra di noi. Dopotutto la qualità della vita è al centro della riflessione dell’economia civile e dei punti che costituiscono la Carta di Firenze. E siamo nel posto giusto per affrontare questi temi, visto che Firenze e la Toscana, il luogo dove per la prima volta l’umanità ha bandito la pena di morte, rappresentano un simbolo mondiale della qualità e dell’importanza della vita. “Una classe dirigente”, scriveva Gramsci, “deve essere giudicata dalla cultura, dalla conoscenza e dal rispetto che ha della storia del proprio paese. Ma anche dalla capacità di porsi domande, di avere una visione”. Per questo, insieme a tutti i cittadini della nostra Firenze ci auguriamo, cari amici del festival, che questo appuntamento diventi davvero un tutt’uno con la nostra dimensione civile, economica e sociale e che insieme si possa percorrere una lunga e straordinaria strada piena di soddisfazione, capace di rispondere alle nostre inquietudini e alle nostre speranze e di dare nuova linfa a una classe dirigente degna di guidare un grande Paese come il nostro. Grazie di cuore a tutti voi”. 25/09/2020 12.25 Comune di Firenze.
Foto da comunicato
tratto da http://met.cittametropolitana.fi.it/