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Svanberg risolve la partita volemose bene del Dallara

Bologna-Roma 1-0

printDi :: 02 dicembre 2021 16:55
Svanberg risolve la partita volemose bene del Dallara

(AGR) Quella tra Bologna e Roma era apparsa fin dall’inizio come una partita destinata ad uno scontatissimo pareggio. Né l’una né l’altra cercavano l’affondo decisivo e le iniziative offensive di entrambe venivano infrante all’altezza delle due trequarti difensive. Ne scaturiva un tran tran che è andato avanti praticamente per tutta la partita.

Il Bologna, che il sapiente lavoro di Mihalovjc sta riportando a livelli competitivi, di tanto in tanto, quando cioè disattenzioni ed errori anche grossolani di disimpegno o di impostazione dei romanisti glielo permettevano, azzardava qualcosa in più ma senza fortuna e alla fine, timidamente azzardando, ha trovato il goal-vittoria con Svanberg, al 35’, che da fuori inventava un velenosissimo pallone d’effetto a rientrare che finiva alla sinistra del bravo Rui Patricio.

 
Da parte sua, la Roma ribatteva e cercava ripartenze che talvolta portavano uomini a cross che cercavano sempre Abraham: l’inglese, sebbene pronto a ricevere, pressato com’era dai difensori rossoblu, concludeva ben poco. Peraltro, quegli scontatissimi cross a centro area bolognese, con pallone puntualmente catturato e rilanciato in avanti dai felsinei a cercare i terminali Svanberg e Barrow in primis, avrebbero potuto essere evitati dopo che il terzo tentativo era rimasto senza esito. Perché era evidente che a quel punto il giochetto era stato scoperto.

Ma è sembrato che nessuno degli addetti ai lavori giallorossi abbia capito quanto fosse necessario cercare soluzioni alternative a quei traversoni con palloni che arrivavano sì in area rossoblu, ma poi sparivano dalla vista di Abraham.

Nonostante una sua qual certa approssimazione, la Roma ha avuto ben quattro palle-goal a disposizione per riequilibrare la partita - 42’ Abraham, 70’ Mkhitaryan, 86’ Abraham, 93’ Zaniolo – che non è riuscita a sfruttare, complice la gran giornata del portiere bolognese Skorupski, che ha pensato bene di vendicarsi della squadra che lo ha lanciato in Italia salvando per ben quattro volte capra e cavoli dai lupi giallorossi.

Certo, se in almeno una delle quattro occasioni il pallone fosse entrato nessuno avrebbe potuto gridare allo scandalo perché, reiteriamo, con il pareggio la partita avrebbe rispecchiato fedelmente quanto avvenuto in campo: poco spettacolo, probabilmente dovuto al fatto che, per opposte motivazioni – il Bologna per rilanciarsi, la Roma per non perdere terreno dalle quattro che la precedevano - volevano entrambe uscire dal Dallara senza aver subito danni. Quella motivazione, se per il Bologna andava bene - in fondo si trovava di fronte la quinta della classe e a dover riscattare lo scivolone interno con il Venezia - non poteva andare bene per la Roma perché se punti all’Europa, e la concorrenza come si sa è tanta ed agguerrita, non puoi tirare a campare presuntuosamente ipotizzando che prima o poi il gol sarebbe ineluttabilmente arrivato, o, peggio, puntando al pareggetto, casomai sperando nella botta di fortuna del golletto nell’extra time: può andarti bene una, due volte ma arriva il giorno che trovi la squadretta che magari te ne fa sei d'emblée.

Venendo a Zaniolo, è del tutto corretto affermare che contro il Bologna il suo apporto non è stato produttivo: chiamato, ci pare, vista la posizione che occupava in campo, a compiti di regia, invece di distribuire palloni ai compagni smarcati o comunque in una posizione migliore della sua, ha pensato bene di concludere quando doveva distribuire e distribuire quando doveva concludere.

La voglia di fare goal del giocatore è comprensibile, visto tutto quello che ha passato, ma il ragazzo deve capire che il calcio è un gioco di squadra e la finta, il tocchetto e il tacchetto di classe possono deliziare il pubblico ma se non sono finalizzati a far guadagnare metri alla squadra servono poco o nulla. Per quanto si è visto in campo, oltre che per il suo non-gioco la Roma è stata sconfitta dal Bologna anche per avere sottovalutato il valore dei felsinei ed avere auto-sopravvalutato il proprio, cioè per avere peccato, di nuovo, di presunzione: ‘andiamo lì con una squadra rabberciata e portiamo a casa i tre punti giocando alla dopolavorista’: ci auguriamo che non sia stata questa la filosofia d’approccio della gara, perché se così fosse, vorrebbe dire che in casa giallorossa ci sarebbe da fare molto lavoro psicologico e coinvolgerebbe molti degli addetti ai lavori.

È del tutto evidente, è il calcio che lo insegna, che se si gioca senza mezzali vere, e la Roma almeno una ce l’ha ma non si capisce perché non gioca, vengono a mancare le fonti, i rifornimenti e soprattutto i riferimenti di gioco. Né sembra adeguata la soluzione di adattare mediani a quel ruolo.

Se giochi senza regista, senza pivot, devi inventarti una squadra dinamica, tutta corsa, movimento e intensità: cosa che al momento la Roma non sembra in grado di fare. E cambiare la squadra di partita in partita, adattando, spostando, arretrando o avanzando questo o quel giocatore sono esperimenti che dovrebbero essere effettuati nel precampionato, tutt’al più nelle prime tre, quattro gare di campionato, dove magari i nuovi arrivati non si sono inseriti o l’allenatore, allo scopo di conoscere bene e compiutamente le potenzialità di ogni giocatore che ha a disposizione, ne varia di volta in volta le posizioni in campo, fino ad ottenere una sintesi, un gruppo, una squadra, per lo meno il suo nucleo base.

D’accordo attaccarsi agli infortuni, le diffide, le squalifiche eccetera: queste sono motivazioni che vanno bene una, due, al massimo tre volte, ma poi bisogna provvedere magari cercando prima nel vastissimo campionario offerto dal calcio italiano e poi, semmai, se proprio non si trova nessuno, cosa che abbiamo difficoltà a credere, guardare oltre frontiera, mirando a giocatori esperti, da impiegare in quel ruolo, magari per una sola stagione, più che a giovani promettenti piovuti da chissà dove, le cui uniche credenziali sono quelle presentate da chi li rappresenta: ‘questo ragazzo tra due anni sarà un fenomeno’ è un ritornello che ben raramente ha avuto riscontri nel tempo, servendo piuttosto a caricare di responsabilità un giovane che, a diciotto o venti anni, non può sentire sue, essendosi appena affacciato alla professione, e a riempire di soldi non poche tasche.                                                                                                                                                                                         

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