Rally, la sfida di Rebecca...l'unica pilota italiana in gara alla Dakar
Si prepara alla partenza per la terza volta la bolognese Rebecca Busi,che nel 2022 fu la più giovane partecipante italiana di sempre alla leggendaria corsa nel deserto. Nell'edizione attuale torna da professionista, dopo aver conquistato il 4° posto del Campionato Mondiale di Rally Raid nel 2023
Rally Dakar l'auto di Rebecca Busi impegnata sulla dune
(AGR) Mancano ormai pochissime ore alla partenza della 46ma edizione della Dakar, la terza per Rebecca Busi, bolognese, 27 anni, unica pilota donna italiana in gara. Davanti a lei quasi 7.900 km attraverso i deserti e le dune dell'Arabia Saudita, con partenza da AlUla sulle rive del Mar Rosso e arrivo a Yanbu. Domani il prologo di 158 km e poi il percorso vero e proprio in 12 tappe, con un giorno di riposo il 13 gennaio a Riyad: una sfida in cui la tenuta fisica e psicologica vanno di pari passo.
Determinata, appassionata, concentrata sui suoi obiettivi: nel 2022 Rebecca fu, alla sua prima Dakar, la più giovane italiana ad aver mai partecipato alla competizione. Un sogno coltivato fin da bambina, una passione, quella per le auto, ereditata dal padre e dallo zio, il primo rallysta di moto con tre partecipazioni al leggendario Pharaon’s Rally, il secondo di auto: le prime gare con papà Roberto come navigatrice, la testardaggine che la porta a convincerlo, con l’aiuto di mamma, a mettersi lei al volante. Così, quando si tratta di scegliere da che parte iniziare, Rebecca non ha dubbi, e dopo aver venduto la sua macchina chiede come regalo di Laurea (in Economia) il restante budget per partecipare alla sua prima gara, la Dakar appunto: giocarsi il tutto per tutto, subito.
Una gara estenuante con le sue sette-otto ore al giorno di guida per due settimane che richiedono la massima preparazione e concentrazione sia fisica che mentale: motivo per cui Rebecca si è affidata per la gara a un mental coach che la aiuta a superare i momenti di eccessiva tensione, perché la Dakar è una gara che si porta a termine con la testa prima ancora che con le braccia e le gambe.
Accanto a lei ci sarà Sergio Lafuente, suo copilota dal Rally del Marocco, che con le sue 15 edizioni è Dakar Legend, come si usa dire dei veterani della gara, mentre suo padre sarà sulla macchina dell’assistenza, come dal primo anno: quello che era il suo sogno è stato realizzato dalla figlia, in un paese come l’Arabia Saudita che solo dal 2018 ha concesso nuovamente la patente alle donne, dopo 28 anni di divieto.
La sua prima Dakar nel Paese Rebecca l’ha voluta correre con un casco arcobaleno, come quello scelto da Lewis Hamilton nel 2021 per il penultimo Gran premio della stagione, corso proprio in Arabia Saudita. Anche se, al di là dei simboli, Rebecca la sua rivoluzione l’ha già fatta, infrangendo il tetto di cristallo in un mondo maschile come quello delle corse automobilistiche. “Credo che altri Paesi siano più bravi a valorizzare la presenza delle donne in contesti di questo tipo – dice Rebecca -. Penso a luoghi come la Spagna o il Sud America, dove le pilota sono delle vere e proprie star mediatiche. Non è una mia ambizione, il mio unico desiderio è correre. Ma sono certa che, se la mia storia fosse conosciuta, magari qualche ragazzina che vuole iniziare a correre e pensa di non potercela fare si sentirebbe meno sola. Ecco, se riuscissi a dare speranza anche a una sola ragazza, ne sarei felice”.
Controcorrente, Rebecca, anche nella scelta di uno sponsor insolito come Onlyfans, che dallo scorso anno la accompagna: il suo canale sulla piattaforma – che da qualche tempo ha aperto a una community di atlete e atleti, virando verso contenuti diversi rispetto a quelli originariamente accolti – è uno spazio di condivisione delle giornate di allenamento e di gara, di paure e soddisfazioni, che oggi conta 17mila followers, cui si aggiungono gli oltre 130mila sulla sua attivissima pagina Instagram. Una generazione, quella cui appartiene, a cavallo tra Millenials e Gen Z, che sembra destinata, nella vita e nello sport ad aprire nuove vie, a superare conformismi e infrangere regole per seguire la propria vocazione.