Passo falso della Roma contro la Cremonese. Ma la corsa alla Champions League prosegue
Cremonese-Roma 2-1
(AGR) Che la Roma abbia fatto… nulla per vincere contro la Cremonese, appare abbastanza evidente, che la Cremonese, a sua volta, abbia fatto poco o nulla anche lei per conquistare i tre punti, appare altrettanto evidente. La differenza, in termini qualitativi, tra le due squadre non è bastata alla squadra giallorossa, perché la Roma è scesa sul campo dei grigiorossi probabilmente pensando di disputare una partita del tutto ‘formale’, giusto la timbratura del cartellino di presenza, magari supponendo, del tutto erroneamente, di avere chiuso la partita, senza giocarla, già da mo’: ‘questi sono a nove punti, hanno già un piede in B, non vale la pena spingere perché veniamo da una gara impegnativa di Coppa Uefa: ma sì, meglio tirare a campare, tanto prima o poi il goal arriva, magari sono proprio loro a buttarsela dentro la porta…’.
Un ragionamento del tutto sbagliato, questo, nel quale potrebbe essere intravista una certa irrispettosità verso l’avversario, dovuta magari alla differenza dei punti in classifica, tantissimi a favore della Roma, ma che comunque non autorizzano a tenere un atteggiamento presupponente, quale quello tenuto dalla Roma contro la squadra grigiorossa, almeno fino a quando i romanisti si sono svegliati, il che avveniva quando ci sono stati i cambi, cioè a buoi praticamente scappati dalla stalla… Cosa c’entra il fatto che i grigiorossi fossero ultimi in classifica: intanto pensate a giocare seriamente, poi alla fine si vedrà. L’infondatezza del ragionamento - ribadiamo che è la performance del tutto opaca della Roma a suggerirci che quel ragionamento presupponente sia stato fatto, non certo elucubrazioni scaturenti da chissà dove – è venuta fuori nel corso della partita, da quanto si è visto in campo: non c’era proprio bisogno di giocare in quel modo, o, meglio, di non giocare, mettendola sul tira a campà fin dal primo minuto.
Su altro versante, quello della tifoseria, magari la sconfitta verrà sicuramente metabolizzata in vari modi: una pizza, subito a nanna, basta con il calcio, incazzatura solenne, mutismo assoluto: chiamiamole ‘linee direttrici per metabolizzare una sconfitta’, linee che sono patrimonio di qualsiasi tifoseria ad ogni latitudine del pianeta. Restringendo il campo alla tifoseria giallorossa, è noto come la sua torcida (tifoseria, termine portoghese entrato nel lessico romanista ai tempi del divin Falcao) d’annata sa bene che, quando arriva la partita chiave, fondamentale, quella che in caso di vittoria darebbe una svolta decisa al suo campionato, a questo o quel torneo, oppure le permetterebbe di scrollarsi di dosso scomode concorrenti, è quasi certo che il risultato pieno non arriverà, e questa, amici lettori, è una purtroppo infausta tradizione consolidata da tanti eventi negativi, verificatisi nel corso della storia della Roma. Quindi, cosciente della quasi ineluttabilità del suo verificarsi, la tifoseria d’annata è già ‘pronta’ e preparata ad assorbire la botta Per i precedenti, rimanderei alla sterminata documentazione esistente, a disposizione di chiunque desideri approfondire la materia.
La tifoseria più giovane, invece, di solito ci mette di gran lunga più tempo per superare ed assorbire emotivamente cocenti delusioni e tremende frustrazioni. Anche in questa stagione, di sconfitte repentine per non dire strane, subite dalla Roma non ne sono mancate: le partite con Atalanta, Napoli e Lazio, giocate all’Olimpico, erano ormai avviate sui tranquilli binari del pareggio, sebbene non fossero mancati tentativi di agguantare il risultato pieno da parte di ambedue, ma hanno avuto esiti disastrosi per lq squadra giallorossa in un certo senso causati dai suoi stessi giocatori: contro l’Atalanta, il portiere giallorosso Rui Patricio, coperto dai propri compagni, non vede partire, e arrivare, la saetta di Scalvini, colpevolmente lasciato libero di tirare, segnando; contro il Napoli, testa a testa tra Smalling e Osimhen, l’inglese, già ammonito, non può intervenire in modo adeguato (pena il secondo giallo, che significherebbe espulsione) e il napoletano gli sguscia via, poi si accentra e tira, segnando; contro la Lazio, infine, Ibanez la dà indietro corta e lenta, Pedro si lancia sul pallone, si libera di Ibanez e segna, mandando la Lazio sul 2-0, praticamente compromettendo la partita della Roma. Eventi negativi dunque, che in qualche modo sono riusciti ad attenuare quelle imprevedibili sconfitte, sebbene la Roma nelle tre gare, non avesse demeritato.
La sconfitta con la Cremonese, invece, è stata una partita approcciata malissimo dai romanisti, con una presupponenza davvero fuori luogo: ti stai giocando l’accesso alla Champions League, la concorrenza è forte e folta, non stai giocando a pallone sulla spiaggia di Ostia, Gabicce o Porto Ottiolu: perché, invece di puntare subito a rete, continui con tocchetti e tacchetti privi di significato? Nelle partite che, sulla carta, sono largamente alla portata di una delle due, vuoi per la differenza di qualità, vuoi anche per la posizione di classifica, il pericolo che la squadra favorita corre, è quello di vedersi infilata, all’improvviso, dal cosiddetto ‘tiro della domenica’, magari un sinistraccio sparato giusto per fare qualcosa con il pallone. E quando il goal arriva, poi te lo tieni, con tanti saluti a qualità, spettacolo, eccetera, perché poi, i tuoi avversari, che fessi non sono, si mettono in undici davanti alla porta e sparano palloni in tribula e se poco poco si accorgono che l’avversario gli sta andando via, randellano a più non posso o ti impediscono di giocare in mille modi: gettandosi sull’erba simulando crampi o urlando per una spintarella o quant’altro. Di solito, è l’opzione randellata quella che viene scelta, ma anche le modalità pestoni, sgambetti, schiaffoni, testate e, meno dolorosamente, tirate di maglia, hanno un vasto seguito.
In Cremonese-Roma, a dire la verità di quel repertorio ne abbiamo visto abbastanza. Il tiro della domenica, per esempio, c’è stato eccome, -autore Frank Tsadjout, italiano di origini camerunensi (Perugia, 28 luglio 1999), laureato in farmacia, cresciuto nel Milan – ed è andato a segno al 17’, sugli sviluppi di un’azione iniziata da Valeri che. dopo essere andato via a Zalewski, trova Tsadjout, che si coordina bene e batte Rui Patricio con un sinistro imprendibile. Ma dopo, cosa ha fatto la Roma? Ha continuato nella sua imperturbabile presupponenza – tanto prima o poi il goal arriva, dice – interrotta da iniziative di Belotti (18’) Wijnaldum (22’) Dybala (24’), ancora Wijnaldum (44’), che peraltro danno l’impressine di essere portate senza convinzione, rimaste senza esito. Dopo di che sul taccuino annotiamo un altro tentativo di Tsadjout, al 27’, con pallone che finisce sul fondo. Un primo tempo, tutto sommato, dove più che lo spettacolo è stato il nervosismo a fare la parte principale, alimentato dal continuo sorvolare dell’arbitro su evidenti falli da giallo ai danni della Roma.
Una tensione che è andata salendo di minuto in minuto in campo e sulle panchine, e che, come noto, è sfociata nel clamoroso litigio tra Mourinho e il quarto uomo, tale Marco Serra da Torino, avvenuto ad inizio ripresa: c’è un fallo di Tsadjout su Kumbulla, al 46’, l’arbitro non fischia, a quel punto Mourinho scatta verso il quarto uomo (il già citato tale Marco Serra da Torino), probabilmente chiedendo spiegazioni. Alle legittime rimostranze del trainer giallorosso, il quarto uomo avrebbe risposto ‘Fatti i c…i tuoi’. Da lì sarebbe nata la lite, Serra chiama l’arbitro, tale Piccinini della sezione di Forlì, che dopo aver ascoltato il collega, espelle l’allenatore portoghese. Quando gli viene sventolato il rosso, sembra che il quarto uomo abbia rincarato la dose: ‘Vai a casa, ti prendono tutti per il c…lo, indicando gli spalti dello Zini (lo stadio dove gioca la Cremonese). La lite proseguirà poi a fine partita nello spogliatoio di Piccinini. Sfortunatamente per Mourinho, sembra che quanto detto da Serra a bordo campo non sia stato registrato, ma dalle riprese filmate non dovrebbe essere difficile ricostruire ciò che è accaduto, labiali e… sfumature annesse. Auspichiamo che si faccia luce sull’episodio, che scredita ulteriormente la categoria arbitrale.
Nell’intervista post-partita, il tecnico giallorosso en passant aveva accennato al fatto che il quarto uomo è di Torino, ma l’ha buttata lì come una battuta tra il serio e il faceto. Semmai, Mourinho ha sottolineato come la sua espulsione sia avvenuta proprio alla vigilia della partita con la Juventus. Davvero una bizzarra se non proprio strana coincidenza, verrebbe da pensare. Sta di fatto che contro i bianconeri il tecnico giallorosso non siederà in panchina. Tuttavia, c’è il ricorso della Roma avverso le due giornate di squalifica inflitte all’allenatore portoghese.
Chiusa la tempestosa parentesi, la partita riprende: c’è un tempo da giocare, il pareggio è alla portata dei giallorossi. Al 48’ la Roma arriva ad un passo dal pareggio ma Pellegrini riesce a buttare via l’occasione quando, da buona posizione si fa anticipare da Carnecchi. Nei minuti che seguono viene fuori la Cremonese e con un paio di buone iniziative, arriva nei pressi dell’area romanista: in realtà, è il bravo Tsadjout a buttarsi tra le maglie giallorosse: prima al 49’, ma il pallone gli viene respinto dal bravo Mancini, poi al 54’, ma stavolta è Ibanez a spazzare via, e infine al 58’ quando crossa ma non trova Felix ben appostato. La Cremonese gioca e chiude bene, la Roma sembra abbia sentito il colpo Mourinho. Finalmente, al 70’, dopo che El Shaarawy, al 65’, spara per due volte consecutive verso la porta avversaria cogliendo altrettanti difensori, arriva il pareggio: gran pallone in diagonale di Mancini per Spinazzola, il campione d’Europa si ritrova solo davanti a Carnesecchi, in posizione regolare, batte il portiere della Cremonese con un rasoterra angolato e imprendibile.
A quel punto, se ne avesse avuto la voglia, la Roma avrebbe potuto anche vincerla: secondo voi, perché la Roma, al 62’, manda dentro Abraham ed El Shaarawy al posto di Belotti e Pellegrini se non per vincerla? Se non ha centrato l’obiettivo non è certo colpa del mister portoghese ma di coloro che hanno giocato col freno tirato. Forse non avevano smaltito lo sforzo di Coppa? Ma questa motivazione è piuttosto risibile, visto che dal 23.2 (Roma-Salisburgo) al 28.2 (Cremonese-Roma) ci sono stati ben cinque giorni per tornare al top della forma psico-fisica. Quindi cosa può essere mancato se non la voglia di portare a casa i tre punti, cosa del tutto possibile, vista l’insipienza dell’avversaria.
Invece, altro che vittoria! All’87’ arriva la sconfitta su calcio di rigore trasformato da Ciofani. Attenzione, il penalty, letteralmente inventato da Piccinini Marco sezione arbitrale di Forlì, non è un episodio isolato dal contesto, ma il naturale sbocco delle tante angherie inflitte alla Roma nel corso della gara: oltre a non aver dato il secondo giallo a Ferrari, aver lasciato passare nefandezze a non finire perpetrate dai grigiorossi ai danni dei romanisti, sorvolando cioè su falli, falletti, tirate di maglia, pestoni sulle caviglie e calci negli stinchi, di cui, in primis, ne hanno ‘usufruito’ in abbondanza Belotti Pellegrini e Dybala, oltre a Mancini, cos’altro poteva il Piccinini da Forlì per fermare la Roma, se non inventarsi un rigore inesistente? Infatti… il bravo Okereke entra in area e calcia un attimo prima che, sullo slancio, Rui Patricio inevitabilmente gli finisca addosso. Secondo l’arbitro è rigore: pallone sul dischetto e Ciofani non sbaglia.
Siamo all’84’. Ci sarebbe ancora tempo di recuperare, avendone voglia. Il fatto è che l’espulsione di Mourinho, l’impunità di cui hanno goduto per tutta la partita i grigiorossi e dulcis in fundo le tarantelle arbitrali del Piccinini e del quarto uomo, Serra, sfociate in quel rigore inaudito, hanno, probabilmente, fatto saltare i nervi ai giallorossi deconcentrandoli a tal punto da portarli fuori dalla partita. Sullo slancio, Rui Patricio potrebbe, sì, aver toccato Okereke, ma si tratterebbe, tutt’al più, di uno scontro di gioco, non certo di entrata dura o gioco scorretto da parte del portiere romanista. Di conseguenza, la decretazione del rigore è del tutto campata in aria. Tuttavia, prima di vedersi appioppare contro la massima punizione, la Roma aveva avuto quell’occasione con El Shaarawy, testè descritta, ma la barriera umana eretta dalla Cremonese aveva funzionato e l’occasione era sfumata.
Dando un’occhiata alla classifica, il gruppo delle papabili alla Champions League è compreso in due punti. Escludendo il Napoli che veleggia tranquillo verso lo scudetto, Roma, Inter, Milan, Lazio e, più staccata, forse l’Atalanta, se la giocheranno fino all’ultima giornata. In coda, probabilmente la vittoria sulla Roma non salverà la Cremonese dalla retrocessione. Dopo aver visto all’opera le concorrenti alla salvezza, che al momento limitiamo a Spezia, Salernitana e Hellas Verona – le prime due hanno rispettivamente 8 e 12 punti in più della Cremonese, mentre l’Hellas Verona, a 17 punti, ne ha solo 5 in più - se non ancora la sicurezza matematica, abbiamo delle quasi certezze su almeno due delle tre che scenderanno in serie B. A parte, naturalmente, straordinarie rimonte che, almeno per il momento, non si intravedono all’orizzonte.
Sulle competenze del quarto uomo, cosa dire? Per quanto numerose e complicate possano essere, di certo non comprendono quella di mandare a quel paese e schernire nessuno, ma proprio nessuno, né, come sembra abbia fatto il tale Serra da Torino, suggerire all’arbitro ammonizioni, convalida di goal, chi debba o non debba espellere: ci mancherebbe altro! Più che a una partita di calcio si assisterebbe a ben altro: un continuo consultarsi tra arbitro e quarto uomo, un continuo richiamo del secondo al primo su questa o quella decisione da prendere, a dir poco stressante: la partita diventerebbe un evento ‘amministrato’ da una sorta di stewardship, laddove, di fatto, l’arbitro sarebbe del tutto delegittimato dovendo decidere le fischiate assistito da altre figure che, nel tempo, potrebbero rendere inutile la sua presenza: sarebbe il trionfo della burocrazia in campo. Lascio immaginare a voi, amici lettori, dove potrebbe andare a finire il calcio…
In Cremonese-Roma è successo proprio questo: l’arbitro, delegittimando se stesso, ha dato il rosso a Mourinho su suggerimento del quarto uomo, il sopra citato Serra Marco da Torino. Vediamo meglio: l’intervento, falloso secondo Mourinho, di Tsadjout su Kumbulla non viene sanzionato, Mourinho va da Serra, il quarto uomo, a chiedere spiegazioni: il Serra, invece di fornire educatamente le delucidazioni richieste, da quanto mostrato dalle immagini, sembra trattare il trainer giallorosso in modo arrogante, voltandogli addirittura le spalle, e rispondendogli in modo volgare. Naturalmente, Mourinho si risente e nasce il litigio, che va avanti. A quel punto, Serra chiama l’arbitro e fa cacciare Mourinho. Forse se Piccinini, l’arbitro, avesse ascoltato anche la campana Mourinho, le cose sarebbero andate diversamente: Mourinho avrebbe spiegato la sua reazione, Serra si sarebbe scusato per la mancanza di rispetto e tutto sarebbe finito lì. Quantomeno Mourinho non avrebbe beccato le due giornate di squalifica.
Bene, vedremo come andrà a finire: intanto prendiamo atto della coincidenza piuttosto bizzarra, per non dire strana, che alla vigilia di Roma-Juventus, l’allenatore della Roma sia stato espulso dall’arbitro Piccinini su suggerimento del quarto uomo, tale Serra Marco da Torino.