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La Roma femminile conquista la Coppa Italia per la prima volta

Battaglia infinita tra Roma e Milan al Mapei di Reggio Emilia, risolta dai calci di rigore

printDi :: 08 giugno 2021 12:16
La Roma femminile conquista la Coppa Italia per la prima volta

La Roma femminile conquista la Coppa Italia per la prima volta

(AGR) Il tabellino della partita:                                                                                                                                                             

MILAN (3-5-2): Korenciova; Vitale, Agard, Fusetti; Bergamaschi, Jane (89' Mauri), Boquete, Hasegawa, Tucceri Cimini; Dowie (77' Grimshaw), Giacinti. A disp.: Piazza, Rizza, Spinelli, Salvatori Rinaldi, Simie, Conc, Tamborini. All. Maurizio Ganz                                                                                                                                                                               

 
ROMA (4-2-3-1): Ceasar; Soffia (68' Erzen), Swaby, Linari, Bartoli; Giugliano, Bernauer; Thomas (103' Banusic), Andressa (81' Greggi), Serturini; Lazaro (81' Bonfantini). A disp.: Baldi, Pipitone, Corrado, Pettenuzzo, Ciccotti. All. Elisabetta Bavagnoli                                                                                                                                                                             

Arbitro: Maria Marotta                                                                                                                                             

Ammonite: 7' Giugliano, 40' Vitale, 75' Linari, 86' Boquete, 90'+3' Mauri                                                                             

La sequenza dei rigori: 1 – Batte Boquete, Ceasar para; 1 - Giugliano goal 2 – Agard goal; 2 – Serturini goal 3 – Batte Grimshaw, Ceasar para; 3 - Linari alle stelle 4 – Tucceri Cimini palo; 4 - Bernauer goal

Milan e Roma rompono subito gli indugi, sicché il ritmo gara sale a buon livello e si mantiene alto per tutto il tempo. Il Milan si presenta già al 2’, ma Dowie spreca l’invito di Giacinti mandando fuori. Risponde subito la Roma al 4’, con pallone che arriva a Lazaro da corner, ma la spagnola è ben contrastata da Fusetti. Al 6’, cartellino giallo per Giugliano per fallo su Boquete, che testimonia della carica agonistica che pervade Milan e Roma. Il calcio di punizione non ha esito. Si cominciano a delineare gli atteggiamenti tattici: alla Roma che trova in Annamaria Serturini e Thomas i suoi terminali offensivi, il Milan contrappone ripartenze con sbocchi centrali che trovano i punti di riferimento in Giacinti e Dowie. Al 12’, prima occasione sprecata dal Milan con Jane che invece di servire Bergamaschi ben appostata, spara da lontano.

Bisogna arrivare al 14’ per vedere un pallone romanista nell’area rossonera con un angolo battuto da Giugliano che non ha esito per il pronto intervento milanista, e più tardi, al 16’, quando Lazaro, intervenendo su un pallone arrivato da corner, manda fuori la sfera. Qualche minuto dopo, al 22’, Thomas entra in area e cade per l’intervento di Tucceri Cimini. Ci sono gli estremi per il calcio di rigore ma l’arbitra Maria Marotta, lì vicino, chissà perché lascia correre, prendendo la sua prima cantonata. In questo scorcio di gara la Roma è più dinamica, mentre il rischio corso poco prima inconsciamente frena le rossonere. Ma dura poco, fino al 29’, quando le ragazze di Ganz hanno un’altra chance con Bergamaschi che pesca bene in area Refiloe Jane, la centrocampista sudafricana se l’aggiusta e spara ma Ceasar respinge sventando la minaccia. Controllandosi a vicenda, la gara viene praticamente giocata tra le due trequarti. Raramente nelle aree vengono a crearsi situazioni critiche, quelle ammucchiate forsennate che generalmente trovano una soluzione grazie alla punta di uno scarpino o ad una deviazione, provvidenziale o disastrosa a seconda di quale sia la squadra beneficiaria. Al 31’ seconda cantonata dell’arbitra, la già citata Maria Marotta, che fischia fuorigioco a Giacinti, apparsa invece in gioco, che fa il paio con la mancata assegnazione del calcio di rigore alla Roma.

Comunque, si va avanti e dopo che, al 34’, Bartoli la gira debolmente in porta, arriva il secondo giallo per un fallo di Vitale sulla capitana giallorossa. Primo tempo, dunque, giocato a buon ritmo, con le due in agguato, coperte quel tanto che basta ma pronte a colpire in contropiede. Un atteggiamento tattico che non ha mai creato sbilanciamenti né all’una né all’altra. In aperura di ripresa, la Roma si fa subito vedere in area rossonera e l’azione di Serturini regala un angolo alle ragazze di Bavagnoli, che tuttavia rimane senza esito. Qualche minuto dopo, al 51’, Soffia sparacchia da lontano un pallone che Korenciova blocca senza difficoltà. Le due iniziative danno precise indicazioni sulle intenzioni della Roma di stringere i tempi. Nell’intervallo, coach Bavagnoli ha probabilmente chiesto alla difesa di spostare la linea più avanti e una gestione della partita più dinamica e veloce, di fatto un cambio di passo. E al ritorno in campo le sue richieste sono esaudite: sovente le avanti del Milan finiscono in fuorigioco, a centrocampo Jane e Hasegawa a tratti sembrano tagliate fuori dalla dinamicità giallorossa, né Boquete, fulcro della manovra offensiva milanista, riesce più a portare acqua a Giacinti e Dowie.

A tenere su la baracca ci sono due superlative Bergamaschi e Fusetti. Sebbene la Roma si sia fatta più intraprendente, la partita non si sblocca e prosegue mantenendosi su un ritmo di buon livello: al 54’, Thomas, di testa, manda il pallone sul fondo e dopo un altro fuorigioco fischiato a Giacinti, al 56’, mal digerito dalla nazionale azzurra, nelle file della Roma comincia ad affiorare la stanchezza. Il gran dispendio di energie si fa sentire pesantemente e consente al Milan di imbastire trame offensive con una certa continuità. Rendendosi conto del calo di condizione di alcune ragazze, Betty Bavagnoli corre ai ripari: dapprima, cercando di ridare freschezza alla difesa, sostituisce Soffia - partitona quella del difensore giallorosso, che spesso ha fatto da fluidificante obbligando le bianconere a veloci dietrofront – con la slovena Kaja Erzen e poi, dopo che un’altra incursione del Milan finisce con l’ammonizione di Elena Linari, richiama Andressa e Lazaro e butta dentro Giada Greppi e Agnese Bonfantini. Da parte sua, il Milan sostituisce Dowie con Grimshaw. Dopo questi avvicendamenti, la partita entra nel quarto d’ora finale. Siamo intorno al 77’ e Boquete s’inventa un assolo strappa applausi e poi calcia potente dal limite, ma il pallone colpisce Grimshaw e l’azione del Milan sfuma. Più tardi, all’86’, Boquete protesta per un fallo subito da Greggi, ma per tutta risposta viene ammonita.

Ormai in pieno recupero, Ganz manda dentro Mauri al posto di Jane, che, proprio in chiusura riuscirà a farsi ammonire per un fallo su Bonfantini. Infine, al 92’ gran sassata di Vanessa Bernauer che va ben oltre la traversa. Primo tempo supplementare con avvio energico del Milan, che perde Grimshaw per alcuni minuti dopo uno scontro di gioco con Linari, e poi, al 95’ sfiora il goal quando proprio Grimshaw trova Mauri, che crossa, ma la difesa giallorossa sventa in angolo. Batte Boquete e pallone che Ceasar manda sulla traversa. Qualche minuto dopo, al 98’, Giugliano manda alle stelle un calcio di punizione. Al 101’, invece, arriva la terza cantonata dell’arbitro Maria Marotta: Mauri atterra Bonfantini, alla milanista dovrebbe essere sbandierato in faccia il secondo cartellino giallo, che significherebbe espulsione e Milan in dieci nel secondo tempo supplementare, invece, ancora una volta inspiegabilmente, la direttrice di gara lascia correre. Ogni volta che si assiste a queste cannibalizzazioni del calcio, ci si chiede dove mai vengano pescati certi arbitri, ma soprattutto quali siano i criteri di scelta degli arbitri e in base a quali requisiti vengono scelti coloro che sono delegati a scegliere gli arbitri.

Insomma: quis custodiet ipsos custodes? Chi controlla i controllori? Una finale è una finale! Perché rovinarla mandando a dirigerla mezzecalzette anziché arbitri veri? Intanto, altro cambio per la Roma: l’esausta Thomas viene rimpiazzata da Marija Banusic, attaccante di caratura internazionale, svedese di origine croata, ammirata più volte nel corso della stagione per le sue doti balistiche e per la sua duttilità calcistica. L’impiego di Banusic è un messaggio fin troppo chiaro: la Roma vuole questa coppa! Il primo tempo supplementare ha un ultimo sussulto: sugli sviluppi di un corner, colpo di testa di Vitale ma pallone che finisce fuori. I centocinque minuti giocati ora si fanno sentire davvero, Ma la Roma, grazie agli innesti operati da Bavagnoli, appare più determinata. Tuttavia, nemmeno la nuova entrata Bonfantini riesce a schiodare la gara.

Paradossalmente, sebbene più stanca dell’avversaria, è ancora il Milan a farsi sotto, al 116’, per ben due volte, con due fiondate da lontano di Hasegawa e Boquete, due palloni sparati sperando nel clamoroso colpo di fortuna, che l’ottima Ceasar respinge. Ora non restano che i rigori per decretare la vincitrice della Coppa Italia 2020-2021. Nella sequenza, il primo viene battuto da Boquete e Ceasar para, segue Giugliano-goal ed è 1-0 per la Roma. Il secondo rigore viene battuto da Agard e Serturini, che realizzano entrambe. 2-1 per la Roma. Grimshaw si fa parare il terzo rigore mentre Linari la manda sulla Luna, ma è sempre 2-1 per le giallorosse. Nel quarto rigore, Tucceri Cimini calcia per il Milan ma il pallone colpisce il palo, mentre Vanessa Bernauer realizza, trasformando il sogno delle giallorosse in realtà ! Per la prima volta nella sua storia, la Roma Femminile conquista la Coppa Italia! Partita veloce e ben giocata, che è stata risolta ai rigori, dopo una battaglia di centoventi minuti combattuta a viso aperto da entrambe le contendenti. Né l’una né l’altra è riuscita ad imporre il proprio gioco o, quantomeno, un continuo e costante predominio territoriale e per quanto si è visto sul piano tecnico-tattico, Milan e Roma si sono equivalse. Considerando che la stagione era alla fine, entrambe hanno mostrato un’ottima condizione psico-fisica. Da parte dei soliti, immancabili esperti che pullulano sempre e dappertutto, non solo qui da noi, e che, come universalmente noto, non ne azzeccano mai una, alla vigilia della partita il Milan femminile era dato per favorito nella conquista della Coppa Italia femminile 2020-2021.

Sebbene con una percentuale di vittoria di poco superiore a quella della sua avversaria, non erano pochi coloro che andavano sentenziando la vittoria finale del Milan come più che certa. Dicevano, gli immancabili esperti, che la Roma aveva sì delle chance, ma che per vincere avrebbe dovuto ‘fare l’impresa’, cioè giocare al di là delle proprie possibilità. A chi, come noi, segue le vicende del calcio femminile ormai da anni, quelle previsioni elargite urbi et orbi con una certa generosità, apparivano affermazioni di una riprovevole iattanza, buttate lì probabilmente senza mai aver visto all’opera o aver assistito ad una, al massimo due performance della Roma femminile o del Milan femminile o di una sola di esse. Cosa generava la certezza, espressa ora sfumando i toni ora invece con una certa sicurezza, che il Milan femminile avrebbe vinto la Coppa Italia? Ripercorrendo il cammino delle due per arrivare alla finale di Coppa Italia, era subito evidente che quei pronostici erano basati più sul wishful thinking di chi desiderava la vittoria del Milan, per tifo o per altro motivo, che non da un’attenta analisi dell’iter di coppa delle giallorosse e delle rossonere. Nel suo cammino, la Roma aveva messo a segno quattordici reti, mentre il bottino del Milan era di sette reti (cioè esattamente la metà di quelle realizzate dalle avversarie), a fronte di un numero di reti subite identico a quello della Roma, quattro. Inoltre, a coronamento della corsa verso la finale, le ragazze di coach Bavagnoli avevano sbattuto la Juventus fuori dalla Coppa Italia. Per avere un’idea di che razza d’impresa s’erano rese protagoniste le giallorosse, si consideri che le bianconere, ormai campionesse d’Italia, guidano il campionato seguite dal Milan a quindici punti di distanza. Infine, dando un’occhiata alle ultime performance prima della finale, quelle di maggio – tre pareggi e una sconfitta per entrambe -, ci si poteva rendere conto che la forma psico-fisica delle due non era al top per opposti motivi: da una parte, dopo aver disputato un campionato travolgente fino al 4-0 inflitto al Napoli, 18.4.2021, il Milan è sembrato perdere quella condizione che gli aveva permesso di giocarsi le chance scudetto alla pari con la Juventus mentre la Roma, da parte sua, appariva in netto crescendo pur non avendo più motivazioni scudetto o di Champions League. Il computo delle reti indicava, dunque, che la pericolosità della Roma era maggiore rispetto a quella del Milan.

Dati alla mano, era semmai il Milan a dover stare più attento. La velocità delle azioni, la rapidità degli spostamenti ed i continui capovolgimenti di fronte hanno dimostrato che per portare a casa la Coppa Italia, l’impresa avrebbero dovuto farla entrambe. Ciò che si è visto in campo ha poi ampiamente dimostrato, ancora una volta, quanto fossero sballati i pronostici degli immancabili esperti. Al di là del verdetto del campo, ci preme sottolineare che questa partita finale della Coppa Italia femminile ha sicuramente dato, almeno nel nostro Paese, la spallata decisiva al muro contro lo sport femminile, edificato con mattoni fatti di diffidenze e pregiudizi seminati nel tempo, in virtù di non si capisce bene quali principi, o si capisce benissimo, fabbricati nelle fornaci dell’oscurantismo culturale ed ha dimostrato, ancora una volta, che il calcio non è uno sport solo maschile.

L’impedire od ostacolare o comunque non permettere in alcun modo la crescita e, a seguire, lo sviluppo ed il pieno dispiegarsi del calcio femminile, e più in generale, di attività sportive femminili, ha significato, nel tempo, accumulare un enorme ritardo nello sport e, di conseguenza, nel sociale - perché lo sport è anche un fatto sociale, e, oltre che competizione, significa stare insieme, fratellanza, amicizia, comunicare, condividere, abbattimento delle diffidenze alimentate dalla non conoscenza reciproca che sfocia sempre nella non-accettazione - che l’Italia ha pagato e sta pagando in termini non solo sportivi ma anche culturali. A questo riguardo, guardando a culture sportive e sociali di altri paesi, ci si accorge di quali e quanti ritardi siano tuttora presenti nel nostro paese e quanta distanza ci separi da paesi che, magari avendo superfici più piccole del nostro, possono in realtà vantare una cultura sociale e sportiva ben radicata nelle loro popolazioni. L’ampio risalto mediatico dato alla finale della Coppa Italia Femminile potrebbe aver svegliato coscienze sopite e reso consapevoli altre.

Allora, vale la pena di considerare questa finale anche come un fatto sociale, oltre che sportivo, come il quarto atto della grande battaglia che le donne stanno combattendo sul fronte dello sport, iniziata il 26 maggio 2016 proprio al ‘Mapei’ di Reggio Emilia con la finale di Champions League Women disputata tra Lione e Wolfsburg, con vittoria delle francesi ai calci di rigore, proseguita all’Allianz Stadium di Torino il 24 marzo 2019 con 40.000, diconsi quarantamila, biglietti venduti, in occasione di Juventus femminile Fiorentina femminile, e più tardi, sempre in quell’anno, con l’arrivo ai quarti di finale del mondiale, l’Italia tutta ad ammirare, gioire e soffrire con le nostre ragazze, e approdata di nuovo al Mapei con la finale Milan-Roma, 4.300 spettatori, così pochi ma solo per ragioni di covid. Al di là del verdetto del campo, ci preme sottolineare che questa partita finale della Coppa Italia femminile ha sicuramente dato, almeno nel nostro Paese, la spallata decisiva al muro contro lo sport femminile, edificato con mattoni fatti di diffidenze e pregiudizi seminati nel tempo, in virtù di non si capisce bene quali principi, o si capisce benissimo, fabbricati nelle fornaci dell’oscurantismo culturale ed ha dimostrato, ancora una volta, che il calcio non è uno sport solo maschile.

L’impedire od ostacolare o comunque non permettere in alcun modo la crescita e, a seguire, lo sviluppo ed il pieno dispiegarsi del calcio femminile, e più in generale, di attività sportive femminili, ha significato, nel tempo, accumulare un enorme ritardo nello sport e, di conseguenza, nel sociale - perché lo sport è anche un fatto sociale, e, oltre che competizione, significa stare insieme, fratellanza, amicizia, comunicare, condividere, abbattimento delle diffidenze alimentate dalla non conoscenza reciproca che sfocia sempre nella non-accettazione - che l’Italia ha pagato e sta pagando in termini non solo sportivi ma anche culturali. A questo riguardo, guardando a culture sportive e sociali di altri paesi, ci si accorge di quali e quanti ritardi siano tuttora presenti nel nostro paese e quanta distanza ci separi da paesi che, magari avendo superfici più piccole del nostro, possono in realtà vantare una cultura sociale e sportiva ben radicata nelle loro popolazioni. L’ampio risalto mediatico dato alla finale della Coppa Italia Femminile potrebbe aver svegliato coscienze sopite e reso consapevoli altre.

                                                                                                                                                                                                                                                                                              

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