La Coppa UEFA Europa League sfugge alla Roma e va al Siviglia al termine di una finale bellissima e infinita
Finale Coppa Uefa Europa League: SIVIGLIA- ROMA 1-1 (5-2 dcr)
(AGR) Il Siviglia veniva dalla Champions League, la Roma dalla Uefa Europa League, ma poi sul suo cammino aveva trovato squadre provenienti dalla Champions. Né pe l’una né per l’altra, quindi, il percorso per arrivare alla finale di Budapest era stato facile. Roma e Siviglia si sono rispettate alla grande: non sono partite all’arrembaggio, ma fin dal fischio d’inizio sono andate alla ricerca del corridoio giusto per arrivare a rete. Perché in una gara del genere, dove ti giochi tutto in una partita secca, dove c’è il rischio di affrontare i tempi supplementari con giocatori a corto di fiato ed eventualmente arrivare ai calci di rigore, gettarsi con foga insensata contro un avversario che ha già dimostrato di essere all’altezza può rivelarsi un’impresa folle. Saggiamente, nessuna delle due ha scelto quell’opzione suicida. Ma non si pensi che questo, cioè lo stare guardinghi disponendosi in campo con moduli che i tecnici hanno ritenuto i più rispondenti possibile al tipo di partita che la propria squadra andava a disputare e all’organico a loro disposizione, abbia immalinconito la sfida sacrificando lo spettacolo al tic-tac, all’inutile possesso palla nella propria metà campo, i giocatori traccheggiando fino ad indovinare il lancio giusto: no, lo spettacolo c’è stato, eccome!
Quella tra il Siviglia e la Roma è stata una partita giocata sul filo dell’incertezza, dell’imponderabilità, dell’alea più marcata, perché anche quando la Roma è andata in vantaggio, si sapeva bene che, se non subito, giusto il tempo per metabolizzare la botta, il Siviglia avrebbe tirato fuori la sua qualità, non certo superiore di molto a quella della squadra giallorossa ma comunque temibile, pronta ad esplodere repentinamente, e a tirare fuori il coniglio dal cilindro quando meno te lo aspetti. E potevano farlo, l’exploit, avendo in campo giocatori di assoluto valore come Rakitic. Lamela e Ocampos, mentre la Roma, che in termini di qualità dei singoli non aveva nulla da invidiare all’avversaria, poteva rispondere schierando, finalmente!, seppure non per l’intera partita, Dybala, elemento ormai imprescindibile dell’undici di Mourinho, insieme all’ottimo Pellegrini, Wijnaldum, anche lui non al meglio, Spinazzola, Matic e Abraham, così andando a bilanciare la collaudata qualità degli andalusi. Così, con quei due eccellenti strateghi in panchina, Mourinho e Mendilibar, basco di Zaldibar, non poteva che prendere corpo una partita equilibrata per larga parte del suo svolgersi, portata avanti a ritmi più che buoni, fin quando le condizioni dei giocatori in campo lo hanno permesso. Mai, per la sua intera durata, abbiamo visto una delle due rinunciare a trovare il pertugio giusto per infilare questo o quel pallone, o a cercare di inventare movimenti e geometrie per arrivare al goal. Le squadre sono entrate sul terreno di gioco decise, sì, a conquistare il prestigioso trofeo, ma senza azzardare scriteriati avventurismi tattici. Avanti con giudizio: sembra essere stata questa la parola d’ordine impartita dai due mister. Ed è stata a questa direttiva che le due squadre si sono rigorosamente attenute, non rinunciando, tuttavia, a darsi battaglia fin dai primi minuti di gara.
Dopo un recupero di sette minuti, le squadre vanno al riposo. La Roma si porta negli spogliatoi il peso di due gialli sul groppone. Attenzione, non è che gli andalusi ci vadano teneri con manate spintoni e pestoni, il fatto è che quei falli non essendo considerati tali dal regolamento Taylor, non vengono mai puniti. A Lamela ad esempio, ne abbiamo visti commettere almeno tre, di cui uno da rosso diretto, fallo su Ibanez con brasiliano copiosamente sanguinante, ma l’argentino, chissà perché, l’ha sempre scampata. Ad inizio ripresa, Suso e Lamela subentrano a Oliver Torres e Gil. Sono due cambi che si riveleranno fondamentali per il Siviglia: i due sono praticamente le risorse in grado di riequilibrare la gara, per questo Mendilibar non esita a gettarli subito nella mischia. Il Siviglia comincia subito a spingere, ma la Roma tiene. Intanto, al 48’ viene ammonito Mancini: sì, Taylor arbitra decisamente a senso unico… Al 55’ arriva il più che fortunoso pareggio del Siviglia con… Mancini, che su cross di Ocampos intercetta il pallone spedendolo nella propria rete: 1-1. La Roma sente il colpo, il Siviglia se ne accorge e cerca di forzare i tempi, ma la squadra giallorossa non si scompone. Naturalmente a smuovere le acque in cui naviga la partita, tranquille, nonostante tutto, ci pensa l’arbitro Taylor: al 65’ arriva l’ammonizione anche per Cristante, pareggiata, si fa per dire, un minuto dopo, al 66’, da quella per Rakitic. Al 74’ è la volta di Celik ad essere ammonito. Mah! Con tutte quelle ammonizioni, sembra proprio che questo Taylor abbia un’antipatia sfrenata per la Roma e i suoi colori. Semplicemente, quelle ammonizioni non hanno senso! Ma onestamente, ora che la frittata è fatta, non è che la cosa ci possa interessare. Sta di fatto che, di cartellini gialli, la Roma ne conta cinque, a fronte di uno solo comminato al Siviglia, uno più strano e bizzarro dell’altro.
I cartellini gialli pesano in qualsiasi partita, tanto più in una finale, perché se è vero che un cartellino giallo può far sbollire spiriti calienti, è pur vero che se affibbiato ingiustificatamente, può avere anche una funzione inibitoria, dissuasiva nei confronti di qualsivoglia giocatore, tale da condizionarne il rendimento nel prosieguo di gara. Per maggiori informazioni sull’argomento, chiedete a un calciatore di qualsiasi campionato, categoria o continente cosa significhi non potersi esprimere al massimo delle proprie potenzialità avendo il terrore che magari un contrasto di gioco venga scambiato per fallo sull’avversario e punito con il secondo giallo, la diffida o il rossodiretto: essere, di fatto, inibiti ad effettuare interventi anche normali sull’avversario Andiamo avanti: tra il 68’ e il 70’, praticamente la Roma cambia fisionomia: prima entra Wijnaldum al posto di Dybala, poi è la volta di Abraham ad essere sostituito da Belotti. Due cambi più che giustificati, visto che Dybala non ha i novanta minuti nelle gambe (per la qual cosa i tifosi romanisti devono aspettare la prossima stagione…) e che l’eventualità di arrivare ai supplementari ed eventualmente ai calci di rigore non è poi così aleatoria, e Abraham, a parte l’episodio del suo atterramento in area, con relativo mancato rigore, fino a quel momento è apparso ben fuori dalla partita, combinando ben poco o nulla.
Probabilmente, Mourinho vuole rinforzare a dovere il centrocampo perché è lì che vuole bloccare il Siviglia, e in più vuole avere un punto di riferimento più dinamico là davanti, mission che Abraham non è riuscito a svolgere. Si dirà: ma non sarebbe stato meglio affiancare Belotti al londinese? Certamente, ma voi avete visto che razza di partita ha disputato Abraham? Arrivava sempre secondo su tutti i palloni e di quei pochi che gli sono arrivati non sapeva che farci. Di Belotti, arrivato alla Roma in punta di piedi, ne abbiamo già parlato in altri nostri articoli, elogiandone sempre il suo non risparmiarsi, il suo continuo darsi da fare fini allo stremo, anche quando era impiegato a mezzo servizio, essendo in netto ritardo di preparazione rispetto ai compagni. Anche stavolta, il ‘Gallo’, apparso brillante e caparbio, ha dato tutto ciò che poteva, disputando la sua parte di gara al meglio delle sue possibilità, segnatamente all’83’, quando, servito da Pellegrini, sfodera un potente sinistro che Bonou devia con la punta delle dita. Anche in quest’occasione, Taylor se ne guarda bene dall’assegnare l’angolo alla Roma. Dopo quest’episodio si arriva ai supplementari: via Celik, entra Zalewski e per il Siviglia entrano Montiel e Rekik al posto di Navas e Alex Telles. Succede… nulla. Così come succede nulla nel secondo tempo supplementare, anch’esso giocato a ritmi piuttosto blandi, durante i quali, però, c’è tempo per entrambi i tecnici di sparare le ultime cartucce, peraltro, pensando anche agli incombenti calci di rigore: entrano Llorente ed El Shaarawy, escono Spinazzola e Pellegrini e più tardi, al 120’, lascia anche Matic per crampi, sostituito da Bove. E poi ancora cartellini gialli per Lamela, Mourinho, Montiel e Ocampos. Partita ormai agli sgoccioli, ma la Roma c’è ancora e spara l’ultima bordata al 120’, ma il pallone si stampa sulla traversa. La partita è finita, ora c’è solo da attendere l’esito dei calci di rigore per conoscere la vincitrice della UEFA Europa League.
Quella lotteria viene vinta dal Siviglia, che va a segno con Ocampos, Lamela, Rakitic e Montiel, quest’ultimo insacca al secondo tentativo dopo aver fallito il primo: anche qui, ci sfuggono i motivi della ripetizione: quello era il rigore chiave, visto che le squadre erano sul 3-1. Mah! Ci sarà stata una ragione per far ripetere il rigore? Per la Roma va a segno solo Cristante, mentre il rigore di Mancini viene parato e quello di Ibanez finisce sul palo. Risultato finale: 5-2 per il Siviglia dopo i calci di rigore. La Roma ha perso dopo aver disputato la sua migliore partita della stagione. Quanto al Siviglia, si è dimostrata squadra di grandissima levatura tecnica e qualitativa. Quella tra la Roma e il Siviglia è stata una partita sofferta da entrambe e nessuna delle due, obiettivamente, è riuscita ad imporre una sia pur tenue parvenza di superiorità tecnica, tattica o qualitativa. Perciò, quanto dichiarato dal tecnico Mendilibar a fine partita - ‘Giocavamo sicuri di vincere’ - appare solo una spacconata, una sbruffonata bella e buona del tutto fuori luogo, visto quanto si è visto in campo.
Quanto all’arbitro Taylor, c’è ben poco da dire: i fatti parlano per lui: non è né il primo né l’ultimo arbitro inglese a maltrattare così platealmente una squadra italiana: valga per tutte la partita Cile-Italia (mondiali cileni) del 2.6.1962, passata alla storia come la battaglia di Santiago: l’arbitro era un certo Ken Aston, che diresse in modo ignobile, permettendo ai cileni padroni di casa di picchiare i nostri per tutta la durata della gara. Acqua passata e parce sepulto, d’accordo, ma quella partita sentenziò una volta per tutte che la radicata credenza ‘arbitro inglese perfetto direttore di gara’ era solo una frottola, tanto per usare un termine eufemistico.
Tuttavia, purtroppo per il calcio, quell’idiozia, circola ancora anche tra i piani alti del calcio, tra coloro che operano le scelte arbitrali, alimentata soprattutto dai media. Visto quante partite hanno rovinato, sarebbe ora di smetterla di considerare gli arbitri inglesi come i depositari delle tavole delle leggi calcistiche o il non plus ultra dell’obiettività. Andatevi a riguardare certe partite e/o sentire certe telecronache o i pareri di arbitri ‘all’amatriciana’ diciamo così: prendono sempre ad esempio arbitraggi d’oltremanica, per giustificare le peggiori cantonate di arbitri nostrani: ‘Questo fallo in Inghilterra non lo fischiano… quest’altro invece in Inghilterra lo fischiano… se il pallone sbatte sul braccio perpendicolare al corpo non è rigore, nel calcio inglese non fischiano… nel calcio inglese di qua… nel calcio inglese di là… fischiano così o così o non fischiano… e via andando alla grande con tante scempiaggini. Poi, il bello è che ti ritrovi ad assistere a gare di livello europeo dirette, a dir poco, in modo farsesco, da arbitri che ne combinano di tutti i colori, come nel caso della finale di Budapest tra Roma e Siviglia.
Le regole del calcio sono poche, ma chiare. Le regole del calcio devono essere applicate, non devono essere soggette ad interpretazioni di arbitri, VAR o chissà chi altro. Un rigore è rigore quando un giocatore, nella propria area, commette fallo su un avversario o tocca o devia il pallone di mano o con il braccio staccato dal corpo, non ‘quando arbitro fischia’. Questa regola, che ho riportato a braccio, vale su qualsiasi campo di calcio di qualsiasi continente.