Il goal di Dybala avvicina la Roma alla Champions League.
Torino-Roma 0-1
(AGR) Siamo praticamente alle battute iniziali della partita. Le squadre sono ancora nella fase di studio. Condotta prudente di ambedue, con il Torino che non dà l’impressione di poter prendere in mano le redini della gara e la Roma sul guardingo ma attenta al minimo errore avversario. Sembra che si debba andare avanti così per un bel pezzo, invece all’8’ Schuurs, in area granata, intercetta con la mano un tiro di Zalewski: rigore netto, batte Dybala e pallone alle spalle del portiere avversario. È il goal-partita, quello che fa guadagnare i tre pesantissimi punti che servono alla Roma per balzare al terzo posto e alimentare le speranze di partecipazione alla prossima Champions-League.
Come ‘fatto estetico’ la partita Torino-Roma non può essere definita spettacolare, se a questo termine vogliamo dare il significato comunemente accettato, ma combattuta sì. Le squadre hanno battagliato, ma, per la gran parte della sua durata, la gara è rimasta sul piano dell’equilibrio. Ad un primo tempo durante il quale, a parte il goal, di emozioni ce ne sono state ben poche, è seguita una ripresa copia e incolla dei primi quarantacinque minuti: Roma a controllare e gestire sapientemente il vantaggio grazie ai motori di centrocampo che hanno girato senza sosta fino alla fine, e ad una difesa concentrata, attenta e puntualissima nel contrastare e neutralizzare le folate offensive granata, poche per la verità e mai apparse pericolose, ma prive, invece, di quell’intensità richiesta dalle circostanze: porti quel nome glorioso, hai il fattore campo dalla tua parte, ti stai giocando un posto in Europa, sei sotto di un goal: mah, ci si aspetterebbe più voglia e convinzione da parte tua. La Roma, pur non dannandosi l’anima nella ricerca del goal della sicurezza, ha giostrato come meglio sa fare, utilizzando cioè gli asset di cui può ampiamente disporre, qualsiasi avversario si trovi di fronte.
Un’occhiata alla classifica indica quanto sia stata importante per la Roma questa vittoria guadagnata su uno dei campi più ostici d’Europa: i tre punti contro il Torino e il contemporaneo verificarsi, su altri campi, di risultati a lei favorevoli, collocano la Roma al terzo posto in classifica, ma non le danno la sicurezza dell’accesso alla Champions League, conclamato obiettivo stagionale della società giallorossa. Tante partite ancora da giocare, concorrenza spietata e qualità delle avversarie fanno sì che per la Roma, come per le altre squadre coinvolte nella corsa al posto nell’élite calcistica europea, ci sia ancora tanto da lavorare, da fare, da soffrire, da correre.
Il nostro è diventato un campionato durissimo, dove, sì, dominano le storiche e consolidate aristocrazie, ma dove, tuttavia, grazie soprattutto a enormi investimenti, si sono affacciate nuove realtà calcistiche, che, uscite dal grigiore di tanti campionati anonimi, vanno affermandosi pur non potendo disporre di budget illimitati. Inoltre, le modifiche alle regole d’accesso alle varie coppe europee, che permettono la partecipazione a più squadre di una stessa federazione, ha fatto sì che, all’interno dei campionati nazionali, la lotta per l’accesso a quei prestigiosi tornei si sia fatta più serrata e coinvolga un gran numero di squadre. Sempre in ambito locale, anche la lotta per la salvezza non è più limitata a due, tre, al massimo quattro squadre, ma ne coinvolge un considerevole numero, di solito cinque, sei, a volte sette.
Nessuno vuole retrocedere, tutti vogliono vincere: il livello qualitativo medio dei singoli giocatori si è alzato enormemente, sicché quelle che un tempo venivano definite le cenerentole del calcio o, se si preferisce, più dispregiativamente squadre-materasso, non esistono più. Insomma, a livello qualitativo, il nostro calcio è cresciuto tantissimo. Grazie anche alla bravura di tanti allenatori, il calcio italiano ha, finalmente!, cambiato mentalità: il principio del primo non prenderle prende piede quando proprio mi mancano quattro giocatori titolari e sono costretto a schierare ragazzini della primavera o giocatori fuori forma o reduci da infortuni. Nelle partite cui assistiamo oggi, c’è, piuttosto, la voglia di affrontare l’avversaria mettendo dentro tutto il potenziale di cui si dispone, alla faccia delle ormai superatissime e ben note sudditanze psicologiche di un tempo. In sostanza, nel nostro campionato non c’è tempo per crogiolarsi nelle vittorie, anche prestigiose: vinta una partita ne arriva una ancora più difficile da vincere, e il discorso abbraccia tutte le venti squadre della serie A. Nella lotta per la salvezza, imbocchi due, tre risultati positivi e sei fuori dalla palude, ma se ne sbagli una ti ritrovi nelle sabbie mobili, che non riesci più a ritirarti su. Quanto ad arrivare sui palcoscenici europei, basta un mezzo passo falso per spedirti lontano, alle periferie delle coppe.