Forza Azzurri, sempre e comunque!
Italia- Svizzera 1-1
(AGR) Pareggio all’Olimpico al termine di una partita in cui l’Italia ce l’ha messa proprio tutta per vincere e non fosse per l’occasionissima mancata da Barella e il rigore che Jorginho ha fallito, adesso saremmo qui a parlare di un’Italia con la qualificazione in tasca. La nostra nazionale è apparsa contratta, timorosa e con poche idee per gran parte del primo tempo.
Forse Mancini, immaginando a ragione un atteggiamento prudenziale ma pronto a veloci ripartenze da parte svizzera, aveva raccomandato di non spingere troppo, nel senso di farsi sotto sì, ma senza precipitazione, senza isteria, ragionando più che portare sterili arrembaggi destinati a cozzare contro il più che certo accentuato dispiegamento difensivo elvetico. Gli azzurri sono venuti fuori nella ripresa, macinando gioco senza sosta e permettendo ben poco agli svizzeri, arrivati all’Olimpico accompagnati da una nutrita e baldanzosa rappresentanza di suoi tifosi e, stando alle dichiarazioni del loro D.T., decisi a portare via l’intera posta. Vista la performance svizzera, forse quelle dichiarazioni prepartita erano volte più a rassicurare i propri giocatori che a creare apprensione tra le file italiane.
Recidivo già nella partita di andata con la Svizzera, dopo l’errore di Londra nella finale, non era forse il caso di eliminarlo dalla lista dei rigoristi? Possibile che tra gli undici in campo non ci fosse nessuno capace di battere il rigore, prendersi quella responsabilità? Ci si chiede come possa accadere che oltremanica Jorginho realizzi tutti i rigori che batte, mentre in maglia azzurra non c’è verso che ne segni uno.
Quali che siano i suoi atout professionali, che, onestamente, è da tempo che vorremmo riuscire a scoprire o perlomeno a intravedere, la sua partita contro la Svizzera è stata opaca, incolore, quasi da non pervenuto. In serie A e serie B, in quel ruolo c’è di meglio.
Di fronte ad una Svizzera dinamica, che non perdeva tempo in tacchetti e tocchetti difensivi, tesa com’era a prenderci d’infilata ogni volta, quello che doveva essere uno dei pivot è clamorosamente mancato. E anche altri, in altri ruoli non si sono dimostrati né fisicamente né tecnicamente all’altezza della maglia azzurra: quando gli svizzeri partivano di fascia sinistra, la catena azzurra che presidiava quel settore veniva sempre superata dal cursore di turno, che poi, arrivato laggiù, quasi alla linea di fondo, la metteva centrale, ma al limite dell’area.
Alla terza volta che ci provavano, gli è andata bene: agganciato il pallone da cross, Okafor vola sulla fascia sinistra, fa secco Acerbi e la mette all’altezza della lunetta, Widmer, che arrivava da dietro, piazza la botta che neanche Yascin e Zoff insieme avrebbero potuto neutralizzare. Ma, dicevamo, era la terza volta che facevano quel giochetto, sebbene fossimo appena all’11mo: è questo che fa pensare come sia possibile che nessuno dei difensori abbia fiutato il pericolo dopo aver visto ripetersi quello schema per ben due volte? E se è vero, come è vero, che il centrocampo debba coprire la difesa ogni qualvolta ci siano le avvisaglie di una iniziativa offensiva della squadra avversaria, spingendosi invece nelle zone di metà campo quando si attacca, sulle responsabilità del goal svizzero vanno chiamati in causa anche i centrocampisti che non sono rientrati a dare manforte alla difesa.
Del valore della Svizzera ce ne eravamo accorti già agli europei, e, in fondo, il pareggio dell’andata non era da buttare via: nella prima partita loro erano fisicamente più avanti di noi, e si era visto, nel ritorno, invece, siamo stati noi a complicarci la vita.
Consentendo ad un giocatore che era apparso del tutto avulso dal gioco, lo si era notato per tutta la partita, di battere il rigore scacciapensieri. Il pallone del rigore sbagliato che volava verso la sud, l’Olimpico che assisteva basito all’esultanza svizzera, incapace anche di fischiare: ma cosa vuoi fischiare dopo un rigore sbagliato al 90’, la delusione che ti attanaglia tutto, che prima che ti passa ce ne vuole, il placido Tevere che scorre lì vicino che anche lui sarà uscito dai gangheri.
Ma ora queste considerazioni non servono più: la frittata è stata fatta. Ora ci aspetta l’Irlanda del Nord. Evocata quattro anni fa accostandola non del tutto appropriatamente alla Svezia, ora ritorna di moda, per così dire.
A differenza di quella di Belfast, però, la partita con la Svezia non fu una per così dire beffa, tutt’altro, il suo risultato finale non fu che la logica conseguenza di una pessima gestione tecnica, portata avanti da chi si considerava furbo. Giocata male e con l’aggravante di scelte sbagliate, utilizzando un gioco sparagnino, scontato, fatto di niente, buono per squadre che lottano per la salvezza, non certo per l’Italia, sulle cui gloriose maglie quelle quattro stelle non indicano certo atteggiamenti remissivi, ma be altro.
La prima con l’Irlanda del Nord, invece, fu vinta dall’Italia, ma stante il fatto che l’arbitro non si era presentato, fu declassata ad amichevole e diretta da un arbitro locale rimediato all’ultimo momento, di conseguenza quella vittoria non servì a nulla. A gara ripetuta, la nostra sconfitta fu dovuta più a batterie scariche che non ad un vero e proprio predominio nord-irlandese.
Non mancheranno certo i soliti menagramo che andranno a rispolverare quel 2-1 del 15 gennaio 1958, disastroso per il calcio italiano, che ci sbattè fuori da quel mondiale, magari accompagnandolo con titoli del tipo: ‘Irlanda del Nord-Italia: torna l’incubo!’ e idiozie simili. L’Italia del calcio è al serrate finale.
Visto il momento che il nostro paese sta attraversando serve coesione, non l’ormai consolidato disfattismo dei cosiddetti esperti, coloro cioè che, come noto, in vita loro non ne hanno mai azzeccata una. Nonostante le strampalate ipotesi, malauguranti e funeste, che da sempre accompagnano il cammino delle nostre squadre nelle varie competizioni, siano esse campionati mondiali o europei, coppe continentali o campionati nazionali, buttate giù non si sa bene a quale titolo e a quale scopo, certo non quello di sostenere i nostri campioni, la nostra Nazionale ha tutte le carte in regola per accedere alla fase successiva.
Un’occhiata alla classifica del girone ‘c’, quello dell’Italia, mostra chiaramente che, a parità di punti con la Svizzera, la squadra azzurra ha una migliore differenza reti e un maggior numero di reti realizzate in tutte le partite del girone. Già essere in vantaggio in questi due criteri, consentirebbe alla nostra nazionale di accedere direttamente alla fase finale, evitando così la lotteria degli spareggi.
Semmai, esaminando la seconda serie dei criteri stabiliti dalla F.I.F.A. per entrare nel novero delle elette, ci sarebbe da rimpinguare il bottino dei goal segnati in trasferta, quattro contro gli otto della Svizzera, e una maggiore attenzione a non prendere cartellini gialli o rossi, attualmente nove contro gli otto della Svizzera, perché tra i criteri che possono decidere il passaggio c’è anche quello cosiddetto del ‘Fair Play’: ai cartellini è stato assegnato un certo punteggio che, nel caso di impossibilità a stabilire quale sia la squadra da promuovere, per prolungata parità delle squadre, potrebbero essere decisivi.
Per capirci: primo cartellino giallo: 1 punto in meno, secondo cartellino giallo rosso indiretto: 3 punti in meno, rosso diretto:4 punti in meno, giallo e rosso diretto: 5 punti in meno. Forza Azzurri!