Fiammata iniziale bulgara, poi la Roma dilaga: Roma-CSKA Sofia 5-1
Esordio-goleada della Roma in Conference Europa League.
(AGR) ROMA: Rui Patricio; Karsdorp (46′ Ibanez), Mancini, Smalling, Calafiori (77′ Kumbulla); Villar (58′ Veretout), Diawara (58′ Cristante); Carles Perez, Pellegrini (74′ Abraham), El Shaarawy; Shomurodov. A disp.: Fuzato, Reynolds, Darboe, Zaniolo, Mkhitaryan, Mayoral, Zalewski. All.: Mourinho
CSKA Sofia: Busatto; Turitsov (74′ Donchev), Mattheij, Galabov, Mazikou; Yomov (68′ Bai), Muhar, Lam, Wildschut; Carey, Krastev (87′ Ahmedov). A disp.: Evtimov, Varela, Catakovic. All.: Mladenov
Che si fosse cacciata in una brutta avventura, la CSKA Sofia lo aveva capito fin dai primi minuti di gara. Persino quelli tra i più sprovveduti tra i tifosi bulgari presenti allo stadio si erano accorti dell’enorme differenza qualitativa esistente tra i loro beniamini e i padroni di casa della Roma. Ma, come noto, lo sport non è matematica, nel senso di scienza esatta, e dunque capita magari che una squadra subisce subisce e poi, zac, inaspettatamente ti rifila il golletto-incubo che lì per lì ti stordisce, ma poi, rimessi a posto i giocarelli, ti rendi conto che quel goal è solo un episodio: sì, hanno trovato il vantaggio, ma la rete non è frutto di un pressing esasperato, di un forcing asfissiante, della difesa troppo alta o di un veloce lungolinea e chi più ne ha più ne metta, no, il goal arriva da uno schemetto facile facile che l’avversario ha ben assimilato, appunto, arrivando a rete. Certo, Smalling e Mancini ci hanno messo del loro, ma lì è un discorso di mancanza di comunicazione tra i due, l’inglese rientrava dopo aver saltato diverse partite, quindi è più che possibile che l’intesa con il pontederese abbia latitato un attimo, cosa che ha consentito agli amici bulgari di alzare al cielo i loro peana e lasciare esterrefatti i tifosi romanisti. Non quelli della curva sud, ovviamente, che dopo la rete avversaria, con il loro passionale e coinvolgente tifo sembrava volessero dire ai propri giocatori ‘nun c’è problema’ come da ormai arcifamoso striscione che, escludendo il periodo covid, da anni accompagnando la squadra ad ogni partita casalinga o esterna, campeggia negli affollatissimi spalti giallorossi. Superata la sorpresa, la Roma prende in mano le redini della gara, decisamente: manovra a suo piacimento per tutta la partita, al CSKA non restando altro che cascami di qualche passaggio fuori misura dei giallorossi e blandi alleggerimenti, mai cercando il colpo del 2-0 semplicemente perché non in grado di farlo, visto l’assetto ridisegnato da Mourinho dopo aver subito il goal. Forse gli ospiti potrebbero aver cercato di addormentare la partita con lo scopo, peraltro apparso nel prosieguo non così nascosto, di arrivare alla fine con i tre punti nella loro bisaccia. Un sogno, se di sogno si tratta, che viene bruscamente interrotto al 25’, quando Pellegrini, ricevuta palla, di prima e praticamente da fermo calcia, il pallone disegna una perfida quanto satanica traiettoria a parabola che va a scavalcare l’incolpevole portiere Busatto, invano proteso a volo d’angelo, e si infila sotto il sette alla sua sinistra.
La CSKA Sofia sente il colpo e con il passare dei minuti, irretita dalla qualità del gioco giallorosso, che nulla le concede se non sporadiche puntate in avanti, perde i suoi riferimenti, riuscendo, più che a imbastire apprezzabili proposte di gioco, a smarrirsi nel ginepraio delle trame romaniste, di fatto non creando più pericoli alla porta di Rui Fabricio, ragazzo che con queste poche partite giocate, ha già dimostrato ampiamente, se mai ce ne fosse stato bisogno, di essere un portiere di assoluto valore internazionale. Man mano, la muraglia bulgara si sfalda, il goal giallorosso è nell’aria, se ne percepisce l’ineluttabilità del suo avvento e quando El Shaarawy, al 37’, ben imbeccato da Shomurodov, insacca, non sono in molti a stupirsi.
Nel secondo tempo ci si aspetterebbe una qualsiasi reazione da parte della CSKA, che però non arriva, soprattutto in virtù del fatto che, lungi dal rilassarsi, la spinta della Roma è costante, non si interrompe. Dagli spalti il messaggio che arriva in campo è preciso: siamo lupi affamati di goal, non ne saremo mai sazi, perciò dategli dentro. E gli undici in campo eseguono: al 67’ Pellegrini arriva su un cross di Calafiori, la colpisce sporca, ma tanto basta per mandarla dentro.
A questo punto, la partita praticamente non ha più storia, né l’espulsione di Wildshut può attenuare i meriti giallorossi. Le velleità di vittoria della squadra bulgara, se mai ne avesse avuta qualcuna, cosa della quale francamente non ce ne siamo mai accorti nel corso della gara, si spengono definitivamente qui.
Se prima dell’espulsione il predominio territoriale dei giallorossi oltre che evidente era palpabile, ora, in superiorità numerica, la Roma trova davanti a sé sconfinate praterie che le permettono di andare a rete ancora all’82’ con Mancini, a coronamento di una bellissima azione corale, e all’87’ con Abraham che sfrutta un assist al bacio di Shomurodov. Nell’euforia giallorossa del post-partita, Mourinho afferma che ‘la Roma non mi è piaciuta’. Ma chissà se diceva sul serio.