Cristante e Pisilli svegliano la Roma dall’incubo Venezia
ROMA-VENEZIA 2-1
(AGR) La Roma agguanta la vittoria nel finale, grazie ad un colpo di testa di Pisilli su azione da calcio d’angolo. È una vittoria, questa contro il Venezia, che ridà slancio alle ambizioni della squadra giallorossa; sono, indubbiamente, tre punti d’oro per la sua classifica e magari qualche tifoso storce la bocca perché si aspettava chissà cosa dai suoi beniamini, ma, lo abbiamo scritto più volte, non c’è squadra, oggi, che non sappia giocare, stare in campo, contrastare alla pari con avversarie anche di riconosciuta superiorità tecnica e qualitativa.
Al Venezia vanno i nostri applausi per la sua voglia di vincere, voglia che non è mai venuta meno, neanche quando la condizione fisica cominciava a declinare e, ancora venti minuti circa da giocare, veniva raggiunta dal pareggio romanista, complice una sfortunata deviazione sul tiro di Cristante, che spiazzava completamente il portiere ospite.
Che dire di questa Roma, dalla quale la tifoseria si aspettava ben altro che una vittoria così sofferta? Eh, sì, quello è il termine giusto! A tratti emergevano problemi di comunicazione, troppi passaggi erano sbagliati, il centrocampo non inventava gioco, c’era una certa confusione tra le file romaniste, se non una vera e propria mancanza di idee.
È andata bene, stavolta, ai colori giallorossi: Juric deve essersi accorto che, a livello della struttura della squadra, c’è qualcosa che non va. Forse, qualcuno della vecchia guardia, (preferiamo questo termine a quello, decisamente più impegnativo, di ‘presunti congiurati’) ha fatto il suo tempo… In attacco, l’assenza di Dybala si è fatta sentire, eccome, sebbene Soulè, El Shaarawy e Dobvyk si siano dannati l’anima su ogni pallone che capitava loro di lavorare; in difesa, Angelino è stato un esempio di abnegazione e Mancini idem, mentre l’unica nota stonata arriva da N’Dicka, che anche contro il Venezia ha dato il suo grande contributo… negativo: nell’azione del goal dei lagunari, si vede chiaramente come il nostro rimanga lì impalato davanti al proprio portiere, invece di intervenire spazzando o quanto meno facendo muro sull’avversario. Viste le sue performance fornite con la Roma, non riusciamo a spiegarci perché si insista nell’impiegarlo in quel ruolo così delicato di libero. Un’ipotesi potrebbe essere quella di voler rivedere in N’Dicka il grande Aldair: ma il brasiliano era un campione vero, questo non lo è affatto, stando almeno a quanto ci ha fatto vedere finora. Avendo, la Roma, nel suo organico Mario Hernandez, che è, lui sì, un vero e proprio difensore centrale, è facile prevedere che quando lo spagnolo avrà raggiunto la giusta condizione, quel ruolo sarà suo.
Ma il problema della Roma è il centrocampo: da là dovrebbero prendere corpo tutte le offensive, le elaborazioni, le ripartenze, le accelerazioni improvvise, i cambi di marcia e di passo, le cadenze dei ritmi da tenere. tutto questo, nella Roma non si vede ormai da tempo. Allora, se quel reparto chiave della squadra non funziona come dovrebbe, non è più una questione di allenatore bravo o meno bravo, ma, piuttosto, di giocatori, per altri versi bravissimi, per carità, ma inadatti a ricoprire quei ruoli, per i quali, tra le altre cose, serve avere parecchia, tanta personalità. Allo stato, abbiamo l’impressione che tra le abilità di Cristante e Pellegrini manchi quella di saper progettare gioco.
È più che probabile che Juric pensi a rinnovare quel settore nevralgico: ne sono prova la contemporanea presenza in campo di Pisilli, Baldanzi e Konè, che contro il Venezia è stato senz’altro tra i migliori, se non proprio il migliore. In definitiva, non è azzardato definire Roma-Venezia una partita nervosa: per via dei noti accadimenti interni, la squadra giallorossa è ‘costretta’ a vincere o, quantomeno, darsi da fare al meglio delle proprie possibilità per non perdere. Intanto, prima sorpresa: Dybala è in panchina. La scelta di Juric alimenta qualche perplessità. È il Venezia che parte bene e al 2’, Svilar è costretto ad una parata impegnativa.
Dopo questa sortita, viene fuori la Roma con Dobvyk che al 12’ conclude moscio e Pellegrini, poco dopo, manda fuori da calcio d’angolo. Le due iniziative giallorosse non impensieriscono il Venezia, che, anzi, nel seguito immediato appare essere più pericoloso dell’avversaria, arrivando a concludere da buona posizione al 23’ con Oristanio, il migliore dei suoi, che manda alto di testa, e al 29’ con Pohjanpalo. Dire che questi due episodi non allertano, come dovrebbero, la Roma, è dire poco, sicché Busio, al 44’, spara forte ma manda sul palo, N’Dicka, che dovrebbe spazzare via immediatamente, è lì a un paio di metri dalla porta, a cercare di capire cosa fare, Pohjanpalo, invece, lì appostato, è lesto ad inserirsi e concludere in rete.
Di N’Dicka abbiamo già scritto più volte che ci risulterebbero incomprensibili i motivi per cui si insiste su questo giocatore e, cosa ancora più incomprensibile, perché il francese faccia ancora parte dell’organico giallorosso visto che, piuttosto di frequente, è implicato, come autore o comprimario, in pasticci difensivi che, a pallone in rete, risultano essere irreparabili.
Nel finale, di tempo, il Venezia potrebbe raddoppiare, ma prima Svilar in uscita su Pohjanpalo e poi Mancini, che spazza via dalla linea di porta un pallone di Ellersson destinato in fondo al sacco, evitano il goal del probabile tracollo giallorosso.
Al rientro in campo, la Roma parte subito a tavoletta, ma è ancora il Venezia che, al 59’, è lì lì per raddoppiare: ci pensa Svilar ad evitare il peggio, intercettando con la mano sinistra il pallone calciato da Oristanio. Passata la tempesta, la Roma riprende quota e, al 65’, sulla testa di Pisilli arriva la palla buona, ma il ragazzo manda alto. Più tardi, al 72’, è la volta di Dobvyk che spedisce fuori da buona posizione. Ora, la Roma spinge al massimo, diversi passaggi sbagliati, veneziani che arrivano prima sulla palla: arrivano bordate di fischi a sottolineare questo o quell’errore. In effetti, nonostante il grande impegno, non è che la Roma sia così pericolosa.
All’entrata nell’ultimo quarto d’ora di gara, per il Venezia l’impresa sembra fatta e, obiettivamente, sulla sua vittoria la Roma dovrebbe recriminare solo con se stessa. Invece, al 75’, un pallone sparato da Cristante da buona posizione, che sembra quello della frustrazione per il pareggio che non arriva, viene deviato da Busio, si alza a campanile e finisce alle spalle dell’esterrefatto Joronen.
Venezia davvero sfortunato, ma il peggio per la squadra lagunare arriva qualche minuto dopo, all’83’, quando Pisilli finalizza al meglio un angolo, insaccando di testa un pallone imprendibile per Joronen e per qualsiasi altro portiere. È il goal-vittoria, la meritata ricompensa che premia la perseveranza e la tenacia della Roma. Ma, aggiungiamo noi per chi non conosce o conosce poco le filosofie di gioco dell’attuale allenatore della Roma, queste sono le squadre di Juric: rabbiosi ensemble dove non c’è proprio posto né per tocchetti e tacchetti, né per giocatori-spettatori in campo non paganti, né, infine per la mentalità del tirare a campare.