USB, ultimatum al Ministero della Cultura, basta licenziamenti e ritorno al lavoro
Il sindacato USB con una nota dettagliata ha denunciato la cessazione dei contratti di lavoro a tempo: fuori venti dipendenti del Parco archeologico del Colosseo, tutti dipendenti Ales. Il sindacato ammonisce sindacato ed azienda a tutelar ei posti di lavoro
(AGR) "Sono passati solo pochi mesi dal varo di una Legge di Bilancio che ha previsto un finanziamento di più di 5 milioni di euro all'anno fino al 2025 per la società in-house del neo ribattezzato Ministero della Cultura e dalle dichiarazioni alla stampa del suo amministratore delegato sull'impegno a riassumere tutti i dipendenti a cui era stato lasciato scadere il contratto a dicembre 2020. Ebbene - denuncia il sindacato USB - non solo ci sono lavoratori e lavoratrici ancora disoccupati, come a Firenze, ma nuove persone si aggiungono a questa schiera: a Roma è stata da poco comunicata la cessazione dei contratti per una ventina di dipendenti Ales in forza al Parco archeologico del Colosseo. Alcuni dei quali si ritrovano perfino in questa situazione per la seconda volta, già vissuta con le chiusure del primo lockdown del 2020. Tutto questo accade perché da parte aziendale e ministeriale, nonostante le ultime dichiarazioni del ministro Franceschini riguardo gli ulteriori investimenti nel mondo della cultura, spettacolo e cinema, non c'è stata la minima volontà di trovare soluzioni alternative per il mantenimento del posto di lavoro di decine e decine di lavoratori in questo momento di disperazione sanitaria, sociale, economica, finanziaria e salariale.
USB ribadisce la richiesta ad azienda e ministero di invertire questa linea di condotta e tutelare l'occupazione a partire dal prossimo 7 aprile con la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato per le lavoratrici e i lavoratori di Roma che hanno raggiunto i limiti temporali previsti dagli accordi aziendali e non solo. Bisogna garantire il ritorno al lavoro delle persone lasciate a casa e rompere la catena del copione che si ripete ogni volta che ci troviamo in una situazione emergenziale dovuta alle chiusure dei luoghi culturali per la pandemia, augurandoci di tornare nella "normalità" nel più breve tempo possibile. Pretendiamo per i lavoratori stabilità, salario, diritti e dignità".