Ostia, fase 2, ristoranti e bar aperti ma non c'è... la clientela
Claudio Grieco, titolare dell'omonimo forno ad Ostia ha sperimentato il mercato dell'asporto in questi due mesi: "Bisogna aprire, ma lo scenario che ci si troverà dinanzi è diverso da quello che avevamo lasciato. La clientela è diversa, l’offerta è diversa"
Claudio Grieco durante il lockdown
(AGR) Il 4 maggio si riparte, ma non saranno rose e fiori. Bar, ristoranti, pub, gelaterie, pasticcerie,pizzerie da taglio, paninoteche, yogurterie, piadinerie, com’è noto, da lunedì, nel Lazio, potranno riaprire ed iniziare la produzione, il confezionamento e la vendita di prodotti da asporto. Una boccata d’ossigeno solo per rimettere in funzione la macchina, per far ripartire la fiducia, per far sapere di esserci ancora. “Certo, bisogna aprire e si vuole aprire, ma lo scenario che ci si troverà dinanzi è diverso da quello che avevamo lasciato. La clientela è diversa, l’offerta è diversa. Non sono negativo, ma sarà durissima. Saremo fortunati se il giro d'affari sarà pari al 20% di prima dell'inizio del lockdown”. A svelare la reale situazione è Claudio Grieco, v.presidente dell’Ascom, che in questi due mesi di chiusura degli esercizi ha già sperimentato con il suo panificio in via Claudio 18 (dinanzi uffici Municipio) la vendita da asporto.
“Avendo un panificio sono stato autorizzato anche a confezionare e vendere cibi da asporto dall’inizio – spiega Grieco – Il mercato, però, attualmente non c’è, forse soprattutto a Roma e sul litorale. Non c’è l’abitudine. In realtà, stando tutti a casa la gente si è abituata ad organizzarsi da sola. “Io sto a casa”…e cucino, il boom dei corsi di cucina su internet è la conferma. Poi gli uffici sono di fatto al 30% ed anche in questo caso si tratta di un tagli sostanzioso della clientela abituale. In sostanza, quello che voglio dire, è che avremo a che fare con interlocutori diversi. Il caffè al bar, a Roma, almeno è una sorta di rito sociale, una forma di evasione, la modalità giusta per incontrare un amico. Ordinare un caffè al bar e farselo portare a casa non è certo la stessa cosa. Bisogna reinventarsi l’offerta. E non sarà facile”.