Ambiente: oceani in pericolo
Acquacoltura
Quasi la metà del pesce che viene consumato nel mondo oggi proviene dall’acquacoltura (47%). Ogni anno oltre 0,090 milioni di tonnellate vengono pescate e soltanto l’1,5% nel Mare Mediterraneo va quasi esaurito totalmente; il crollo della pesca mondiale è purtroppo un’amara realtà, ed è per questa ragione che la Spagna ha intensificato l’acquacoltura su scala nazionale, con piena soddisfazione da parte degli ambientalisti.
Oggi sui mercati nazionali gran parte del “pesce fresco” arriva dall’estero e allo scalo aereo di Milano Malpensa (nonostante le polemiche politiche per l’abbandono da parte di Alitalia) ogni sera, per 5 giorni a settimana, arrivano dall’Africa (partenza dal Senegal – Dakar) due voli cargo con tutto pesce destinato al Mercato Generale di Milano, il più grande nell’Europa del Sud. Qui, oltre ai prodotti tipici nazionali (Mazara del Vallo, San Benedetto del Tronto, Genova), si commercializza il pesce che arriva da tutti i Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo. C’è una ragione ben precisa, la concorrenza estera offre di più a minor prezzo e sulle nostre tavole consumiamo i merluzzi pescati a Santiago del Cile, i gamberi dell’Argentina o le orate e spigole pescate in Grecia oppure in Turchia.
Durante l’estate la stampa internazionale si è occupata ampiamente della pesca, sia per la protesta dei pescatori francesi che nei primi giorni di luglio hanno bloccato i porti, sia per richiamare l’attenzione del Governo contro alcune decisioni dell’UE. In materia di riduzione di pesca, poi, ci sono stati gli interventi dei Nas per l’importazione di pesce “inquinato”.
Per la tutela della salute sono avvenuti controlli in diversi ristoranti, in cui alcuni quintali di vongole contaminate sono stati sequestrati. Ma che cosa mangiamo quando siamo al mare? Una volta le barche si riempivano di pesce “nostrano”, mentre adesso arriva dall’estero anche per la scomparsa di specie locali. L’episodio accaduto in Sardegna ha mobilitato i Nas per il sequestro di 240 kg di vongole vietnamite, e questo episodio ha fatto scattare l’allarme dell’UE. Carabinieri e magistrati hanno indagato per tutto il mese di agosto setacciando palmo a palmo l’intera penisola e 120 kg sono stati recuperati dai Nas nella sede toscana dell’azienda importatrice che ha immediatamente ritirato dal mercato nazionale i prodotti già commercializzati. Molti si sono chiesti:” Ma perché persino vicino alle spiagge vengono venduti pesce, crostacei e molluschi provenienti dall’estero?” La risposta è molto semplice: la concorrenza sul prezzo.
Oggi nel settore pesca i lavoratori sono in calo. Le statistiche dicono che dai 47mila occupati all’inizio del 2000, siamo passati a 38mila ed oggi il comparto ne conta appena 30mila. Molte le ragioni: la flessione sulla redditività dell’intero settore, che ha dovuto affrontare gli alti costi del carburante, voce “pesante” per questo campo.
I consumi di pesce sono in aumento. Ogni giorno importiamo 12 milioni di prodotti, ossia il 64% del totale, ed in questo modo siamo diventati il Paese europeo maggiormente dipendente dal commercio con l’estero. Per salvare il mare è stata di recente formulata una proposta: fermare l’attività nel mese di aprile, considerato dagli esperti il migliore per favorire il ripopolamento, mentre un’altra lodevole iniziativa è la “difesa” dell’aragosta rossa decretata dalla Regione Sardegna. Il piano di ripopolamento voluto dal legislatore stabilisce che in 6 aree dell’isola gli esemplari pescati sotto misura, ossia sottotaglia, dovranno essere trasferiti in zone di tutela biologica ed in questo modo l’aragosta rossa sarà protetta.
Buoni risultati nel Mar Ligure, nelle zone in provincia di Savona ed Imperia: nelle reti locali sono finiti polpi, moscardini, pesce azzurro, pesce spada, quasi tutto poi consumato dalla ristorazione locale.
Nonostante gli accordi bilaterali Italia – Libia un peschereccio della flotta di Mazara del Vallo (Tp), il “Chiaraluna”, è stato sequestrato nel canale di Sicilia da una motovedetta libica, poi dopo 7 giorni le autorità lo hanno rilasciato, ma purtroppo è finito nuovamente nei guai a causa di alcuni Tunisini che lo hanno bloccato e trasferito nel porto di Sfax. Successivamente le trattative fra i due governi hanno raggiunto una buona intesa, ma comunque in questo tratto di mare i responsabili della pesca intendono fermare “la guerra dell’oro rosso”, ossia il gambero gigante, nel “Mammellone” del Mediterraneo, una secca ricca di questo pregiato crostaceo.
Purtroppo le proteste in Europa non mancano, anche a causa delle ostriche in pericolo a Sud – Ovest della Francia. E’ stato accertato che un’alga tossica orofera, in conseguenza del riscaldamento globale, ha infettato i molluschi, e il problema è stato sollevato dagli allevatori di Archaonn, zona in cui si trova il più grande allevamento d’Europa (12mila tonnellate all’anno).
I consumatori di molluschi (ostriche, cozze, vongole e coquillages vari) consigliano di consumare prodotti certificati e non selvaggi, anche se esiste purtroppo l’obbligo dell’etichetta che viene violato nel 30% dei casi di pesce anonimo e costa un decimo di quello certificato, ma si corre il pericolo come è accaduto in Sardegna. Quello delle vongole è un episodio esemplare per il consumatore.
Gianni de’ Silva>